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Anta destra di dittico
XIX secolo (?)
avorio
0139/AV
Altezza: 9,2 cm, Larghezza: 5,1 cm, Profondità: 0,6 cm
Andata al Calvario e Crocifissione
La placchetta è l’anta destra di un dittico. Su due registri sovrapposti, le scene sono albergate sotto tre archi acuti trilobati che poggiano su mensole.
“Confronti”

un dittico dell’Iparmuvészeti Múzeum di Budapest (inv. 18846)

un dittico del Victoria and Albert Museum di Londra (inv. 290-1867; Williamson, Davies 2014, vol. I, pp. 306-307, n. 102 [G. Davies])

un dittico del Musée du Vieux- Château di Laval (inv. 4144) che Raymond Koechlin considerava falso (Koechlin 1924, vol. II, p. 143, in relazione al n. 338)



Iconograficamente, l’anta presenta varie stranezze. Ci si potrebbe anzitutto attendere che la scena più nobile, la Crocifissione, si trovasse sul registro superiore, come ad esempio su una tavoletta dell’Hessisches Landesmuseum di Darmstadt (inv. Pl 36:100; Jülich 2007, pp. 212-213, n. 51). È vero che il senso di lettura delle scene narrative sui dittici eburnei gotici presenta una grande varietà di soluzioni (Stahl 1997), ma qui a questa prima singolarità se ne aggiungono altre. È curioso in effetti che, in una Crocifissione a più personaggi, il braccio orizzontale della croce attraversi tutta la larghezza dell’anta. La presenza di uno sgherro col martello in questa stessa scena è un caso più unico che raro, così come è anomalo che una delle donne porti un vaso per unguenti. Particolarmente improbabile pare l’abbigliamento dell’uomo che afferra il braccio di Cristo nell’Andata al Calvario: un abito della seconda metà del Trecento abbottonato sul davanti terminerebbe con un corto gonnellino attillato, e non sarebbe stato portato al di sopra di un altro capo (qui una corta tunica). Ad ogni modo, nella seconda metà del Trecento, i bottoni sono accessori di lusso, che non convengono dunque a un carnefice che s’immagina di posizione sociale inferiore. Tutti questi elementi sembrano rivelare non solo una conoscenza imperfetta delle convenzioni iconografiche, cosa che sarebbe forse ammissibile anche per un intagliatore trecentesco, ma anche un’incomprensione della logica materiale e sociale della moda. Pare dunque probabile che ci si trovi davanti all’opera di un intagliatore che vuole imitare una creazione trecentesca, benché la consunzione e gli alloggiamenti per le cerniere siano compatibili con una fabbricazione antica.
Mallé L., Smalti e avori del Museo d'Arte Antica, 1969, p. 296