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Ostensorio-reliquiario
1300 - 1325
Rame sbalzato, ritagliato, inciso e dorato; smalto champlevé; vetro dipinto e dorato
0037/S
Altezza: 42,5 cm, Larghezza: 16,5 cm base
Crocifissione con San Giovanni e la Vergine
L’ostensorio-reliquiario poggia su una base ottagonale con quattro medaglioni quadrilobati contenenti angeli a mezzo busto. Le figure sono in rame risparmiato e dorato su fondo in smalto turchese; attorno ai medaglioni si sviluppano tralci in rame dorato su fondo in smalto blu. Il fusto è cilindrico, il nodo – esagonale e appiattito – è inciso a bulino con un motivo di petali disposti a corona. Dal fusto si sviluppa una lamina di forma allungata, cui è fissato il cilindro orizzontale in vetro, non originale. Esso è incorniciato alle due estremità da due lamine in rame dorato e inciso a piccoli cerchi e fiori a tre petali su fondo striato, ritagliate lungo i bordi in modo da presentare un motivo di archetti trilobati. La struttura in rame che racchiude il cilindro comprende anche due placche circolari, poste ai due lati: quella a sinistra mostra l’immagine di un volto barbuto, con lunga capigliatura e occhi a mandorla, probabilmente il Cristo della Veronica, inciso in modo alquanto sommario e semplificato; l’altra placca, con una croce a estremità gigliate su fondo striato entro un bordo a piccoli cerchi, è dotata di cerniere e permette di aprire il cilindro. La teca è sormontata da un timpano in rame dorato, affiancato da due stretti pinnacoli. Il timpano presenta, lungo i due spioventi, una serie di fogliette ritagliate nel metallo e incise a bulino con piccoli fiori; un’apertura centrale, circolare, destinata originariamente all’esposizione dell’ostia consacrata e oggi occupata da un vetro dipinto e dorato con la Crocifissione, chiuso sul retro da un disco in rame inciso a bulino con le lettere “I” e “S”, quest’ultima con terminazioni fogliate; attorno all’apertura circolare sono stati ricavati a traforo tre motivi a trifoglio. Alla sommità è saldato un nodo a sfera appiattita su cui è fissata una piccola croce gigliata incisa con girali vegetali.
Numerosi sono i passaggi di proprietà attraverso i quali l'oggetto giungerà nel 1954, tramite l'antiquario torinese Pietro Accorsi, al Museo.

Documentato nella collezione di oggetti d'arte del Medioevo e Rinascimento del principe Pierre Soltykoff a Parigi nel 1847 e ancora nel 1850, fu venduto all’asta a Druot nel 1854, entrando così nella raccolta Bouvier di Amiens, poi dispersa nel 1873. Successivamente viene acquistato da Aimé Desmottes; nuovamente venduto nel 1899, dopo la scomparsa del collezionista, finisce in possesso dell’antiquario parigino Édouard Larcade, che nel 1932 lo presta alla mostra "L’art religieux ancien dans le comté de Nice et en Provence" al Musée Massena di Nizza. Negli anni Quaranta, l’erede, Jean Larcade, vende diversi oggetti d’arte antica appartenuti al padre: probabilmente in questo periodo il pezzo passa ad Accorsi, presente sul mercato parigino.

Il confronto tra l’aspetto attuale e le immagini di questo pezzo all’epoca della sua appartenenza alla collezione Soltykoff permette di rilevare alcune manomissioni subite dall’ostensorio nel corso dei passaggi di proprietà, probabilmente in occasione della sostituzione del cilindro in vetro. Due le modifiche principali: la rimozione – forse a causa di una frattura – del coronamento a dentelli, sempre in rame dorato, che decorava il cilindro di vetro nella parte superiore e la creazione, nell’apertura circolare del timpano, di una teca eucaristica con sportellino apribile: questa, tuttavia, fu realizzata a solo scopo ornamentale, dal momento che al suo interno venne inserito un medaglione in vetro dipinto e dorato dal retro con la Crocifissione – le figure della Vergine e di Giovanni sono in posizione invertita – chiuso posteriormente da un frammento di tessuto. In una foto del 1876 che mostra l’ostensorio insieme alle due teste-reliquiario della collezione Desmottes a Lille è già presente la piccola teca, segno che il restauro integrativo dell’opera dovette avvenire nel periodo della permanenza del pezzo in questa collezione. La nuova fortuna critica, nella seconda metà dell’Ottocento, dei vetri dipinti e dei vetri a oro graffito (o vetri englomisés) – segnata dalla mostra della collezione del marchese Emanuele d'Azeglio tenutasi a Londra nel 1876 al Burlington Fine Arts Club – può probabilmente spiegare la decisione di Desmottes e del suo restauratore di inserire una copia di un vetro dipinto medievale nell’ostensorio in esame, allo scopo di impreziosire ulteriormente l’opera.

Dal punto di vista tipologico, l’ostensorio di Torino va ricollegato a un nutrito gruppo di ostensori realizzati nella regione di Limoges tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, una produzione che si lega alla grande diffusione di questi vasi sacri dopo l’approvazione del culto del Corpus Domini da parte di papa Urbano IV nel 1264, poi ratificato con il Concilio di Vienne del 1311-1312. Si confrontano bene al pezzo di Torino soprattutto gli esemplari di Eymoutiers e di Orliac-de-Bar, nel Corrèze (Notin 1996, pp. 100-104), e due ostensori conservati rispettivamente al Musée des Beaux-Arts di Digione (inv. G. 373, CEDRE, cliché 20402) e al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. 312.1956). Essi presentano lo stesso tipo di struttura – con cilindro orizzontale coronato da timpano lavorato a traforo e placche circolari alle estremità incise a bulino – e lo stesso decoro povero, caratterizzato dalla lavorazione a bulino e traforo del rame e dalla sporadica presenza di smalti champlevé, assenti nei pezzi di Eymouties, Orliac-de-Bar, Laval-sur-Luzège e Flavignac, ma presenti sull’ostensorio di Digione e in quello di Sardent oggi al Musée d’Art et d’Archéologie di Guéret.

In questi esempi gli oggetti avevano la duplice valenza di reliquiario – le reliquie, spesso ancora presenti, sono conservate all’interno del cilindro – e di ostensorio, dove l’ostia consacrata era presentata nella teca circolare del timpano. Gli acquirenti di queste oreficerie, soprattutto piccole chiese rurali, si dotavano di una suppellettile sacra che assolveva insieme due funzioni. Nel caso del nostro pezzo, si può ipotizzare che la teca originaria, in cristallo, sia andata perduta prima dell’ingresso nella collezione Soltykoff per poi essere reintrodotta per ragioni estetiche su richiesta di Desmottes.

Lo stile grafico e schematico che caratterizza le figurazioni sull’ostensorio di Torino (in modo particolare la Sainte Face), si incontra anche in altri pezzi limosini datati sullo scorcio del Trecento, come la pisside del Musée Saint-Jean di Angers (inv. 1832), con l’immagine di Cristo ripetuta sul coperchio; o il reliquiario architettonico del Musée des Beaux-Arts di Limoges (inv. 539), dove troviamo sul piede ancora il Cristo della Veronica caratterizzato da un’esecuzione grossolana, che richiama l’immagine di Torino.

Per quanto riguarda invece gli angeli raffigurati sul piede, essi appaiono speculari a quelli incisi sul piede di un ciborio limosino del primo quarto del XIV secolo, oggi al Fitzwilliam Museum di Cambridge (inv. M.26.1904): presentano identica silhouette, ali rigide con caratteristica forma rettangolare e aureola in smalto rosso. La frequente presenza di angeli sugli ostensori limosini è stata ricollegata all’uso, diffuso in epoca medievale, di indicare l’ostia consacrata con l’espressione “panis angelorum” (Tixier 2011a, p. 107).
Mallé L., Smalti e avori del Museo d'Arte Antica, 1969, pp. 95-96,
L’art religieux ancien dans le comté de Nice et en Provence, 1932, p. 58,
Castronovo S., Aggiornamenti su l’Œuvre de Limoges in Piemonte. Nuove opere e prime ricerche sul gruppo di falsi del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, 2011, pp. 153-154,
Tixier F., Un aspect méconnu de l’Opus Lemovicence: les monstrances-reliquaires (XIVe-XVe siècle), 2011, 108,
Tixier F., La monstrance eucharistique. Genèse, typologie et fonctions d’un objet d’orfèvrerie (XIIIe-XVIe siècle), 2013, pp. 120-121,
Castronovo S., Collezioni del Museo Civico d'Arte Antica di Torino. Smalti di Limoges del XIII secolo, 2014, pp. 178-183,
Tixier F., De la collection Soltykoff (Paris) au Palazzo Madama de Turin : itinéraire "mouvementé" d'un émail champlévé, 2013,
Cahier C., Martin A., Mélanges d’archéologie, d’histoire et de littérature, 1847-1849, I,,
Vente de la collection du prince Soltykoff (Paris, 18-22 avril 1854), Hôtel Drouot, 1854, p. 7,
Van Drival E., Catalogue de l’exposition d’objets d’art religieux ouverte à Lille en 1874, 1874, p. 139,
Van Drival E., L’Exposition de Lille. Études sur les objets d’art religieux réunis à Lille en 1874, 1876