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Fregio
1470-1480
terracotta lavorata a stampo e stecca, già dipinta
3506/C I
Altezza: 35 cm, Larghezza: 22,5 cm, Profondità: 7 cm
Danza moresca; motivi floreali
Le 17 formelle compongono la parte sommitale del fregio decorativo di una finestra o di un portale ad arco. Cinque pezzi raffigurano danzatori di moresca e dodici presentano motivi vegetali, con fioroni a margherita. Tracce di coloritura in rosso vinoso confermano la presenza originaria di uno strato protettivo.
I pezzi, provenienti da Alba, documentano la fortuna della decorazione fittile nell'architettura dell'area alpina occidentale del Quattrocento; essi provengono, come diversi altri materiali analoghi in Museo, dalle demolizioni di fne Ottocento.

Le formelle derivano dalle stresse matrici di quelle della collezione Abegg di Riggisberg, presso Berna, acquistate a MIlano nel 1956, e della collezione Figdor di Vienna. Stretti confronti sono istituibili con il fregio fittile con la "danza dei folli" sulla cornice marcapiano di casa Do ad Alba, di tono tuttavia più popolare. Il carattere più raffinato è confermato anche dal soggetto di matrice cortese, come suggeriscono anche gli elaboratin costumi, laddove invece le formelle di casa Do rimandano alle rappresentazioni popolari organizzate dalle confraternite giovanili nelle feste cittadine e nei carnevali.

La danza moresca ebbe grande diffusione nell'Europa medievale, spogliandosi via via degli originari aspetti guerreschi legati ai conflitti tra cristiani e arabi. Nel Ducato sabaudo è atestata da una ricca documentazione in particolare negli anni di Iolanda di Savoia (1465-1478), che vedono uno scambio continuo tra la corte e la scena urbama. Gli apparati fittili confermano questa vocazione scenica per una città stabilmente addobbata a a festa

La provenienza da Alba L' Inv. gen. descrive il fregio come composto da 18 mattonelle. Cfr. 1781/C e 1847/C. Cfr. per le formelle a motivo floreale, assai diffuso in Piemonte per tutto il '400, quelle delle finestre dell' abside di Sant' Antonio di Ranverso fatta riedificare da Giovanni di Montchenu dopo il 1470. Cfr. la collezione Abegg di Berna acquistata a Milano nel 1956.

"Provengono da una casa d'Alba (probabilmente casa Sacco o casa Do". Un danzatore della stessa serie, di forma adattabile a chiave d'arco, è conservato a parte, inv. 3506/C II". (G. Donato 2001).
Vandenbroeck P., Vols d'ames. Traditions de trance afro-européennes, 1997, p. 33,
Astrua P., Giacomo Jaquerio e il Gotico Internazionale, 1979, pp. 243-245,
Mallé L., Le sculture del Museo Civico d'Arte Antica, 1965, p. 131,
Donato G., Macrino d'Alba protagonista del Rinascimento piemontese. sch. 39, 2001, pp. 116-117,
Donato G., Ornamento e finiture nell'edilizia albese, 1999, p. 196-206,
Donato G., Corti e città. Arte del Quattrocento nelle Alpi occidentali. scheda 44, 2006, p. 79,
Il Museo Civico di Arte Antica di Torino. Opere scelte, 2006, p. 29,
Palazzo Madama. Guida, 2011, p. 85