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Anno
c. 1625
Materiali
marmo (bardiglio di Aymavilles?)
Inventario
0105/PM
Dimensioni
Altezza: 40 cm, Larghezza: 29 cm, Profondità: 8,5 cm
Soggetto
Stemma del vescovo Filiberto Milliet
Descrizione
Stemma del vescovo Filiberto Milliet.
Notizie Storico-Critiche
Si ignorano le modalità di ingresso in Museo dell'opera, che gli inventari descrivono in modo piuttosto impreciso, in quanto lo tratteggiano come uno stemma cardinalizio in marmo intagliato del XVIII secolo (Inventario Generale, vol. II, p 277, inv. 2766; Inventario Pietre e Marmi, p. 264), la cui data viene poi anticipata al secolo XVII (Inventario Particolare, n. 304). È da notare inoltre che il numero di inventario particolare 59, riportato nella scheda inventariale del museo (aggiornata al novembre 2001), desunto dagli inventari Generale (dove è stato poi corretto) e Pietre e Marmi, si riferisce in realtà non all'oggetto in questione, ma allo stemma di Ugo Boncompagni, diventato papa con il nome di Gregorio XIII (si veda la scheda 444/ PM).
L'opera in esame non viene citata da Gaudenzio Claretta, nel repertorio di stemmi esposti nel Museo Civico nel 1896, per cui potrebbe essere giunta in Museo dopo tale data, oppure, in caso contrario, all'epoca non era esposta nel percorso museale.
Mallé, nel descrivere lo stemma (di cui non individuò la casata e nel quale vide, invece delle tre stelle, "tre fiorellini"), lo definì "cardinalizio", mentre si tratta in realtà di uno stemma vescovile; inoltre lo retrodatò al XVII secolo, ammettendo che il lavoro elementare non presentava "elementi di stile efficaci ad una definizione più precisa".
Lo stemma è stato identificato correttamente da E. Romanello (2008), che l'ha riferito a Filiberto Milliet, dei baroni di Faverges e Chally, vescovo di Maurienne e Susa dal 1591 al 1618 e di Torino dal 1618 al 1625. Alla sua morte, nel 1625, Milliet venne sepolto nella chiesa gesuita dei Santi Martiri di Torino, dove la sua tomba è ricordata ancora alla fine del XIX secolo come una delle sepolture più illustri (G. I. Arneudo, 1898, p. 241).
È probabile che la lapide provenga appunto da questa tomba, smantellata a partire dal 1900 in seguito agli interventi di restauro dell'edificio.
Bibliografia
Mallé L., 1965, p. 258,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, pp. 27-28
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