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Trofeo
1793 - 1814
legno; cristallo
1161/L
Altezza: 94 cm, Altezza: 98 cm, Larghezza: 116 cm, Larghezza: 172 cm, Profondità: 43 cm, Profondità: 35 cm
Trofeo militare
Bonzanigo Giuseppe Maria
Trofeo composto da una parte inferiore e una superiore, dedicato "Virtuti belli et Sapientiae Pacis". Per una descrizione dettagliata cfr. Mallè L., Mobili e arredi lignei, Torino 1972, pag. 212 e le schede Vesme, I vol. A-C, Torino, 1963 pag. 165 che riportano la descrizione lasciata da Bonzanigo stesso in un opuscolo stampato per la prima volta a Torino nel 1815.
Il grande trofeo militare è composto da due elementi. La base rettangolare coperta da un finto tappeto di damasco su cui sono intagliati le fatiche di Ercole, girali vegetali e un bordo di frange, è sostenuta da otto gambe collegate con una corociera nascosta da una pelle di leone.

La teca superiore ospita una gran quantità di microsculture fissate su un pannello di seta verde: raffigurazioni allegoriche, mitologiche con l'effigie della dea Bellona e la dedica "virtuti belli et sapientiae pacis", al centro le figure di Marte e Medusa,e tutt’intorno i protagonisti della storia politica e militare a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

L’opera, che si può considerare il capolavoro di Bonzanigo, ebbe una storia travagliata fin dalla sua nascita. Lo scultore cominciò a lavorarci all’interno della cultura dell’Antico Regime, negli ultimi anni del regno di Vittorio Amedeo III (1773-1796), che nel 1787 lo aveva nominato “artista di corte” affidandogli importanti commissioni sia nel Palazzo Reale di Torino sia nelle principali residenze sabaude. Nel 1793 il trofeo risultava completato, ma dieci anni dopo, nel 1803, appariva molto rimaneggiato per essere accolto favorevolmente in un Piemonte ormai annesso alla Francia, come opera gradita agli uomini di Napoleone. E fu ridisegnato una terza volta tra il 1814 e il 1815, per renderlo adatto al clima della Restaurazione. Tanto che, quando l’erudito francese Aubin Louis Millin nel 1811, durante il suo soggiorno a Torino, vide il grande complesso nella versione imperiale sormontata dal ritratto di Napoleone, ne colse in pieno lo spirito commentando con un laconico “mais Bonzanigo sait tout arranger” la serie di adeguamenti ai cambiamenti politici (Arnaldi di Balme 2011, pp. 12-13). Bonzanigo fu fedele ai Savoia, ma seppe anche celebrare Napoleone e l’entourage della sua aristocrazia imperiale. Dal generale Jean-Baptiste Jourdan, governatore del Piemonte dal 1801 al 1803, ottenne gratuitamente alcuni locali presso il convento di San Francesco da Paola da utilizzare come laboratorio e punto vendita dei suoi lavori. Lo stesso Jourdan il 23 maggio 1803 concordò l’acquisizione del grande trofeo militare per 50.000 franchi al Musée Central des Arts di Parigi, ma il prezzo dovette risultare troppo elevato e l’acquisto, sebbene richiesto con forza, non fu autorizzato dal Ministero dell’interno francese. Nel 1814 il trofeo si trovava ancora in laboratorio, invenduto. L’anno successivo Bonzanigo, ormai settantenne, pubblicò una descrizione dell’opera in un opuscolo di 13 pagine stampato a Torino per i tipi di Domenico Pane: questa volta il personaggio principale del trofeo è Vittorio Emanuele I di Savoia, circondato dalle effigi dei quattro elettori dell’Impero (Treviri, Magonza, Baviera e Colonia) e da episodi della storia classica tra cui le imprese di Alessandro Magno.

Apportate le modifiche imposte dalla Restaurazione, il trofeo era pronto per essere nuovamente immesso sul mercato, ma - nonostante il favore che le opere di Bonzanigo continuavano a incontrare -, non si fece avanti nessun compratore. Alla morte dell’artista nel 1820, stranamente l’opera non risulta tra i beni inventariati nel suo laboratorio. Salvo una parentesi nel 1832 per la ristampa della Descrizione, i documenti tacciono fino al 16 febbraio 1859, quando il commissair priseur parigino Moulin e il mercante Évans misero in vendita il monumento militare. La presenza dell’opera a Parigi non sfuggì a Emanuele d’Azeglio: l’esistenza della scultura gli fu comunicata da uno dei direttori del museo di Kensington e l’acquisto per Torino fu caldamente raccomandato nonostante ci fosse anche qualche interesse da parte degli inglesi per il Museo di Londra. “Intanto per 5 o 6 anni io l’ho sempre tenuto d’occhio temendo che mi sfuggisse onde con nessuno ne parlavo” scriveva d’Azeglio il 12 ottobre 1869 (Maritano 2011, p.100). L’interessamento tenace del marchese fece sì che l’opera venisse acquistata da uno dei suoi fornisseur londinesi, Giovanni Calvetti, che riuscì ad averlo “con istenti e fatiche per cento sterline”. Seppur tra mille difficoltà, d’Azeglio riuscì a far arrivare l’opera a Torino: il Comitato direttivo del Museo Civico caldeggiò l’acquisto da parte del Comune, facendo leva anche sulla convenienza del prezzo (3.000 franchi), ma l’amministrazione non fu in grado di autorizzare la spesa per carenza di fondi. Le trattative del marchese con l’antiquario londinese, che aveva l’opera in deposito, portarono ad una riduzione della cifra e finalmente con l’anno nuovo, nel 1870, l’acquisto andò in porto e nel mese di maggio il trofeo venne accolto in Museo.





Fonti archivistiche: Archivio Storico Municipale, Torino. Istruzione e Beneficienza, Inv. 297, cart. 46, fs. corrispondenza 1869-1870
Mallé L., Museo Civico di Torino. Mobili e arredi lignei. Arazzi e bozzetti per arazzi, 1972, p. 212,
Gabiani N., Giuseppe Maria Bonzanigo, 1920, p. 85-89,
Dalmasso F., Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna 1773 - 1861. Giuseppe Maria Bonzanigo, 1980, p. 1408,
Baudi di Vesme A., Schede Vesme. L'Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, 1963, p. 165,
Emanuele d'Azeglio. Il collezionismo come passione, 2016