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Lapide
1474
marmo
0267/PM
Altezza: 120 cm, Larghezza: 92 cm, Profondità: 6,5 cm
Amedeo IX di Savoia/Jolanda di Francia
lapide con lo scudo di Amedeo IX di Savoia e i gigli della moglie Jolanda di Francia e iscrizione a ricordo delle costruzioni da lei erette. (E. Romanello 2000). Stemma partito di Savoia (di rosso alla croce d'argento) e di Francia (d'azzurro a tre gigli d'oro due su uno) fiancheggiato ai lati dalle iniziali dei nomi di Amedeo e Jolanda, legate in senso orizzontale e perpendicolare da un doppio nodo di Savoia (AMCAAT, M. Zucchi, s.d., p. 2). Il nodo Savoia, scelto come emblema dal Conte Verde, era nel medioevo il segno dell'amicizia indissolubile, della fede giurata ed inalterabile: fu l'insegna dell'Ordine del Santo Spirito, detto anche del Nodo, fondato da Giovanna di Napoli nel 1382; dopo l'istituzione dell'Ordine del Collare, i nodi d'amore ornavano spesso le monete e i sigilli di Amedeo VI e dei successori (E. Giuliolo, 1998, scheda n. 248. p. 231).
(E. Romanello 2000) Proviene dal Castelvecchio di Testona e già proveniente dal castello di Moncalieri.

Lo stemma, proveniente dal Castelvecchio di Testona, già al castello di Moncalieri, fu pagato dal Museo Civico 75 lire (Inv. Generale n. 636, Inv. Particolare n. 67; nell'inventario Pietre-marmi si riporta l'iscrizione letta dal conte Cipolla). Il Claretta registrò nel 1896 la lapide nella grande galleria (dove era esposta la maggior parte degli stemmi) e ne trascrisse il testo, suggerendo l'allusione dell'epigrafe ad una cappella o ad una torre fatta innalzare a Castelvecchio oppure a Moncalieri, da dove Jolanda avrebbe potuto trasportarla (AMCAAT, ms. G. Claretta, 1896, pp. 8-9). Lo Zucchi suppose piuttosto che la lapide si trovasse in origine nel castello di Moncalieri, dove la duchessa Jolanda soggiornò di frequente, dopo averlo ricostruito ed abbellito, come dimostrerebbe la frase "Hoc opus fecit fieri"; l'autore si soffermò inoltre sulla novità del legame del nodo sabaudo, per l'esecuzione accurata e "per lo sviluppo simmetrico che colma lo spazio dei fianchi dello scudo, che senza di esso resterebbe troppo vuoto" (AMCAAT, M. Zucchi, s.d., pp. 2-3). A dissipare ogni dubbio sull'originaria collocazione della lapide concorse l'Olivero, il quale affermò che questa, mentre era da alcuni riferita al restauro di Castelvecchio perché murata presso la cappella di S. Martino, proverrebbe invece dal castello di Moncalieri dove la duchessa Jolanda, già vedova, fece eseguire restauri nel 1473: inoltre, da una nota dell'Archivio Camerale di Torino, Conti Tesoreria Generale di Savoia, p. 128, R. 157, 4 novembre 1478 (informazione fornita all'Olivero dalla Daviso di Charvensod), risultano riparazioni al tetto delle due torri di Moncalieri ad opera di mastro Bastiano Mermier (E. Olivero, 1941, p. 37), con tutta probabilità lo stesso Sebastiano Merimerio <> che nel medesimo anno lavora alla fabbrica del <> di Rivoli (M.C. Daviso di Charvensod, s.d. [ma 1935-1936], p. 140). Nella fortuna critica successiva, oltre ad un breve cenno in una scarna rassegna di testimonianze del Museo Civico d'Arte Antica provenienti dalle chiese medioevali (M. L. Moncassoli Tibone, 1991, p. 71), la lapide in esame, insieme al 3499/C, fu chiamata in causa come evidente termine di confronto per la lapide di Giovanni di Varax (1478) nella chiesa abbaziale della Sacra di S. Michele (G. Romano, 1990, p. 140), un oggetto collocabile nel filone aperto "dai delicati rilievi sul portale di S. Francesco a Susa e continuato dal busto di vecchio nel tesoro della cattedrale segusina" (Ibidem).

Jolanda, nata il 14 agosto 1434 e morta nel castello di Moncrivello nel 1478, era sorella di Luigi XI re di Francia e, dal 1452, moglie di Amedeo IX il Beato, scomparso nel 1472 (M.C. Daviso di Charvensod, s.d. [ma 1935-1936], p. 5): essa si recava spesso a Castelvecchio, dove sono murati diversi suoi stemmi, pur dimorando a Moncalieri (E. Olivero, 1941, p. 37), nè questa fu l'unica residenza interessata dalle ristrutturazioni di Jolanda, che sorvegliò inoltre i lavori dei castelli di Chambéry (1466), Carignano (1467), Thonon (1468), Nizza (1469), Rumilly (1470), Bouget e Ivrea, nel 1473 (Ibidem, pp. 138-139). Il Castelvecchio di Testona, citato per la prima volta nei documenti nel 1037 (testamento del presule torinese Landolfo) fu per secoli, non senza difficoltà, dimora del vescovo di Torino, fino a quando, in seguito alle lotte tra i Savoia, Torino con il suo vescovo, il Monferrato, Asti, Chieri, Testona e la Lega Lombarda, dal 1228 al 1230 i chieresi demolirono quasi tutta Testona, tanto che l'11 novembre 1230 la sede del comune fu spostata a Moncalieri: durante tale distruzione, si ignorano le vicende di Castelvecchio, che adesso si può chiamare come di Moncalieri. Dal 1229, quando il Castelvecchio era in potere dei Biandrate che lo vendettero a Chieri, cessò sull'edificio il controllo effettivo del vescovo, al quale subentrò il conte di Savoia, investito nella persona di Tomaso II da Federico II nel novembre del 1248 (E. Olivero, 1941, pp. 29-31), mentre dal 10 dicembre 1294 la sovranità di Castelvecchio passò al ramo Acaja: dall'inizio del XIV secolo incominciò la serie di infeudazioni totali e parziali di Castelvecchio da parte dei Savoia, che durerà fino al Settecento (Ibidem, pp. 32-33).

Il Castelvecchio di Moncalieri ha un particolare rilievo nella storia delle collezioni del Museo Civico in quanto era la dimora prediletta di Filippo Vagnone (morto il 16 ottobre 1499), che restaurò Castelvecchio, la cappella di S. Martino ed il cortile raccogliendo alcuni frammenti marmorei provenienti dalla basilica di S. Salvatore di Torino, demolita dal vescovo Domenico della Rovere, erettore nel 1493 dell'attuale duomo; si trattava di una raccolta eterogenea, comprendente pezzi classici, una epigrafe paleocristiana e ventisei pezzi altomedievali (compresi i cinque acquistati dal Museo Civico di Torino), dei quali solo ventidue provenienti dalla demolizione di S. Salvatore; i pezzi classici e diciotto pezzi altomedievali sono stati staccati nell'estate del 1972 e conservati in una sala di deposito del Museo Civico d'Arte Antica (S. Casartelli Novelli, 1974, pp. 188-189 nota 1), dove pervenne nel 1868, dopo varie peripezie, anche il sarcofago dello stesso Filippo Vagnone, monumento fatto costruire dal genero Filippo Valperga, originariamente adornato da una statua equestre (perduta) e collocato in S. Francesco a Moncalieri (E. Olivero, 1941, pp. 35-36; L. Mallé, 1965, pp. 162-163).



FONTI ARCHIVISTICHE:

AMCAAT, G. Claretta, Notizie sulle principali lapidi e stemmi esistenti nel Museo Civico di Torino raccolte e fornite dal Sig. Barone G. Claretta, luglio 1896, pp. 8-9

AMCAAT, M. Zucchi, Gli stemmi sabaudi del Museo Civico di arte antica di Torino, dattiloscritto non datato (1915-1918?).
Moncassoli Tibone M. L., Dalle Chiese del Medioevo. Palazzo Madama, 1991, p. 71,
Casartelli Novelli S., Corpus della scultura altomedievale, 1974, pp. 188-189, nota 1,
Mallé L., 1965, p. 135,
Giuliolo E., Blu Rosso e Oro. Segni e colori dell'araldica in carte, codici e oggetti d'arte. Fondazione fatta dal conte Amedeo di savoia di una messa quotidiana nella Chiesa Cattedrale della S. Vergine di Losanna, 1998, scheda n. 248,
Romano G., La Sacra di San Michele. Storia Arte Restauri, 1990, pp. 140-141,
Daviso di Charvensod M. C., La Duchessa Iolanda (1434-1478), (1935-1936), pp. 5, 138-140,
Pagella E., La Sacra di San Michele. Storia Arte Restauri. I cantieri degli scultori, 1990, p. 140