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1877 - 1899
vetro
0025/VE
Altezza: 20 cm, Diametro: 16,5 cm
Compagnia di Venezia e Murano
Calice in cristallo giallognolo su piede a disco; fusto a balaustro con quattro lunghi mascheroni dorati applicati; nodo a globo appiattito azzurro da cui partono tre volute dorate sorreggenti la larga coppa dal contorno ondulato, ornata da bottoncini in vetro blu applicati.
Il calice fa parte di una quarantina di vetri provenienti dal Regio Museo Industriale Italiano di Torino, fondato nel 1862 da Giuseppe Devincenzi come istituto superiore di istruzione tecnica sul modello di istituzioni già avviate all'estero come il South Kensington Museum di Londra e il Conservatoire des Arts et Métiers di Parigi. L'obiettivo “di promuovere l’istruzione industriale e il progresso delle industrie e del commercio” contava sulla costituzione di ricche collezioni di prodotti e strumenti industriali, acquisiti soprattutto attraverso acquisti e scambi alle grandi esposizioni internazionali e nazionali. Nel 1906, dalla sua fusione con la Scuola di applicazione per gli ingegneri, nacque il Politecnico. Non si conoscono le sorti delle collezioni in seguito alla soppressione del museo, la cui sede - nell'attuale piazza Carlo Fusi - fu distrutta dal bombardamento inglese del dicembre 1942. Nulla si sa neanche delle modalità attraverso le quali il nucleo di vetri giunse nel Museo Civico, a testimonianza dei rapporti che dovettero intercorrere tra i due istituti, nati quasi contemporaneamente e con intenti complementari.

Come gli altri oggetti della stessa provenienza, anche questo calice appartiene alla produzione della Compagnia di Venezia e Murano, una delle più note fornaci muranesi alle quali si deve il rilancio dell'industria vetraria veneziana nella seconda metà del secolo. Sorta nel 1877 dallo scioglimento dell'azienda condotta dall'avvocato vicentino Antonio Salviati, che si mise in proprio, e dai suoi soci inglesi, la Compagnia continuò la sua attività fino al 1909. Le sue creazioni si rifanno per forme e decorazioni a modelli dei secoli precedenti, che i maestri moderni si sforzavano di superare con un'abilità tecnica che raggiunge il vero e proprio virtuosismo, trascurando il ruolo funzionale dell'oggetto.
Mallé L., Vetri-Vetrate-Giade, Cristalli di rocca e Pietre dure, 1971, p. 110,
Pagella E., Le collezioni d'arte del regio Museo Industriale di Torino. Prime ricognizioni per un patrimonio perduto, 2009, p. 125 nota 29