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c. 1260-1270
rame inciso e dorato
405
Altezza: 25 cm, Larghezza: 20 cm
Cristo benedicente
fabbrica di Vinovo
Si tratta della lamina posteriore, di forma polilobata, di un filatterio - o reliquiario a capsula - di cui è andata perduta la parte anteriore; la lamina è in rame con fondo guilloché (piccoli tratti paralleli e incrociati ottenuti a bulino), inciso e dorato con l'immagine del Cristo benedicente, in trono, con il globo terrestre nella mano sinistra, raffigurato entro una cornice a losanga e circondato da tralci frondosi con foglie di quercia, di vite e trifogli; in particolare, i due rami fogliati a fianco del Cristo fuoriescono da un vaso e dalla bocca di un piccolo drago.
La tipologia del filatterio polilobato con filigrane e pietre preziose en cabochon sul recto, dove si trovava anche lo sportello per la reliquia, e lamina in rame incisa e dorata con l'immagine del Cristo, della Vergine o di un santo circondati da tralci vegetali sul verso, rinvia all'area mosana, e in particolare all'atelier di Hugo d'Oignies, dove vennero realizzati tra il 1230 e il 1240 cinque reliquiari con queste caratteristiche (tra i quali il Filatterio di sant'Andrea, il Filatterio di san Martino, il Filatterio di sant'Uberto, tutti conservati a Namur presso il tesoro del convento delle Soeurs de Notre-Dame), opere che costituiscono senza dubbio l'antecedente per il nostro oggetto. Tuttavia, il confronto tra i retri di questi manufatti e la lamina del Museo dimostra uno scarto cronologico evidente: nei primi troviamo panneggi di gusto antichizzante, che ricordano i disegni di Villard de Honnecourt e tralci con foglie larghe e piatte a palmetta, ancora di gusto romanico; la lamina qui in esame, invece, mostra il superamento dello stile 1200, con un Cristo che veste panneggi angolosi, a linee spezzate, circondato da tralci che preludono alle "vignettes" con foglie appuntite miniate lungo i margini dei codici dell’ultimo quarto del XIII secolo. L’affermazione nell’oreficeria di questa particolare accezione, come indurita, del linguaggio gotico, è stata ricondotta all'ambito parigino nel quinto decennio del Duecento; le opere sopravvissute dimostrano che da Parigi questo nuovo gusto si diffuse e si radicò al nord, dall’Hainaut all’area mosana. Si possono citare, scalandole cronologicamente, una serie di oreficerie di questo gruppo che presentano sul verso raffigurazioni confrontabili all’immagine del Cristo benedicente del filatterio di Torino (con figure particolarmente allungate con teste piccole, quasi sproporzionate e panneggi dal disegno geometrico): tra le testimonianze più precoci di questo linguaggio, le figure di Apostoli sulla placca in rame inciso e dorato fissata sul retro della Vergine di Walcourt (Walcourt, Basilica di Notre Dame, 1250), e il simbolo di san Matteo, in argento inciso e dorato, sul verso della Croce- reliquario di Walcourt (Walcourt, Basilica di Notre Dame, 1250-1260), entrambe attribuite all’atelier del priorato di Oignies (R. Didier, Œuvres attribuées au frère Hugo et à son atelier, in R. Didier e J. Toussaint, a cura di, Autour de Hugo d’Oignies, catalogo della mostra, Namur 2003 pp. 320-332); le figure del celebre Reliquiario di Floreffe, ricondotto ad orafo mosano attivo verso il 1260-1270 (Parigi, Musée du Louvre: M. H. Landais, Le polyptyque de Floreffe au Musée du Louvre, in « Bulletin de la Société Nationale des Antiquires de France », 1957, pp.121-123; M.-M. Gauthier, Les Routes de la Foi, Fribourg 1983, pp.150-151); il Cristo e i simboli degli Evangelisti sul verso della Croce-reliquiario di Frasnes-lez-Anvaing (Hainaut, 1260-1270: R. Didier, 2003, pp. 376-377); la Natività incisa sulla placca posteriore del Reliquiario della santa Tunica di Assisi (Parigi, 1280-1290: D. Gaborit-Chopin, a cura di, L’Art au temps des rois maudits. Philippe le Bel et ses fils. 1285-1328, catalogo della mostra, Parigi 1998, pp.193-195); e infine un esempio particolarmente pertinente collocabile in Piemonte, e cioè la placca con San Luigi che lava i piedi di un lebbroso sul retro del Reliquiario di Sant’Andrea (la cui fronte è da ricondurre alla bottega di Hugo d’Oignies), conservato nel tesoro del Duomo di Chieri e datato intorno al 1290-1300. Il confronto si fa particolarmente stringente sul piano della decorazione vegetale con la Croce di Walcourt, la Croce di Frasnes- lez-Anvaing e soprattutto con il Reliquiario di Sant’Andrea di Chieri: ovunque, su fondo guilloché, gli stessi tralci dal gambo elastico, morbidissimi, e tipologie di foglie e germogli coincidenti.

La lamina faceva parte di una collezione privata di “objets divers” a Montpellier, prima di essere acquisita dalla galleria Brimo de Laroussilhe e quindi dal Museo torinese. Il legame con il gruppo di oreficerie che stanno fra la tradizione della bottega di Hugo d’Oignies e le innovazioni stilistiche della capitale francese del terzo quarto del XIII secolo accreditano l'ipotesi della provenienza dell’opera da una chiesa dell’area franco-settentrionale o mosana.
Castronovo S., Oreficerie mosane, 2011, pp. 140-142,
Capraro S., Acquisti e doni (2002-2010), 2011, p. 168,
Palazzo Madama. Guida, 2011, pp. 162-163