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Lapide sepolcrale
Lapide sepolcrale
Year
1554
Materials
marmo di Foresto
Inventory
0448/PM
Dimensions
Altezza: 174 cm, Larghezza: 61 cm, Profondità: 7 cm
Subject
Figura giacente del canonico Domenico Broglia
Description
Sigillo tombale del canonico Domenico Broglia vestito di tunica, camicia e pelliccia con ampi maniconi. Stemma della famiglia chierese Broglia: d'oro, al decusse d'azzurro ancorato. Cimiero: cigno, d'argento beccato d'oro, nascente, accollato d'azzurro con un decusse come nel campo, pendente. Motto: POUR L'AVENIR; estinti nei maschi (A. Manno, vol. I, 1895-1906, p. 416; BRT, G. D. Beraudo, ms. Storia Patria 982, 1776, fol. 26 v.). Essi erano capi d'albergo a Chieri e portavano l'arma del decusse ancorato, pur dividendosi in Gribaldi o Gribaldenghi, Broglia, Moffa, de Bullio, tutti estinti tranne i Broglia. In BRT, ms. Varia 656, fol. 15 r. (numerazione non coeva, a matita), la descrizione dello stemma coincide, ma diverso è il motto riportato: PLUL (sic) PENSER QUE DIRE.
Historical-Criticism news
L'opera entrò in Museo per acquisto da Samuele Ovazza, nel luglio 1899, come proveniente dal duomo di Chieri, in blocco con le lapidi 432/PM e 458/PM, per una spesa complessiva di 225 lire (Inventario Generale, vol. II, p 382, inv. 3811; Inventario Pietre e Marmi, p. 269; Inventario Particolare, n. 279).
La provenienza della lapide da Chieri è confermata da Vittorio Angius (1853), che la vide in mezzo al coro della chiesa collegiata, intitolata all'Assunzione della Vergine, detta popolarmente Santa Maria della Scala. L'oggetto venne notato qualche tempo dopo da Antonio Bosio (1878), che lo vide nel pavimento vicino al leggio in mezzo al coro; del bassorilievo, recante la mezza figura del canonico Domenico Broglia prevosto d'Ivrea, Bosio riportò l'iscrizione, ipotizzando che "AUR. ROCAT (sic)" potesse essere il nome dello scultore.
Non sfuggirono a Mallé i modi impacciati nel delineare la massiccia figura, abbigliata tuttavia elegantemente, con una mantella foderata di pelliccia. I capelli, le orecchie e la barba risultano molto convenzionali, per un effetto di insieme tozzo, così come il rettangolo in cui è inclusa la figura. Riportando l'iscrizione, purtroppo lacunosa, sul bordo della lapide, Mallé notò nell'angolo inferiore destro la scritta: "LAU R ROCA r", interpretandola come la firma dell'autore, come aveva già ipotizzato a suo tempo Bosio.
L'opera fu citata da Maria Luisa Moncassoli Tibone (1988), che si limitò a descrivere lo stemma a "croce di Sant'Andrea", con cappello cardinalizio e due scale. Il nome di Lorenzo Rocca non compare purtroppo nelle Schede Vesme, né sui repertori specializzati; si pensa che tale "scultore" fosse un artigiano locale, di livello piuttosto modesto, riguardo al quale qualche notizia in più si potrebbe rinvenire soltanto svolgendo una ricerca archivistica approfondita.
Domenico Broglia era secondogenito di Bernardino Broglia (che testò nel 1504) e di Bartolomea Villa di Villastellone (che testò nel 1521). Antonio Manno di tale personaggio dice brevemente che fu prevosto di Ivrea e canonico cantore di Chieri dal 1551 (A. Manno, vol. I, 1895-1906, p. 417), ma Angius anticipa tale data almeno al 1526 (V. Angius, vol. III, parte 1°, 1853, p. 315). Riguardo alla cronologia sembrano esserci alcune discordanze, anche da parte del medesimo autore: lo stesso Angius riporta documenti che attestano come vivente Domenico Broglia nel 1563 (e non vi sono omonimie), ma nello schema genealogico indica come data di morte il 1554, tratta molto probabilmente dalla lapide chierese. Ma se nel 1563 Domenico risulta ancora in vita, è assai plausibile che si sia preoccupato per tempo di scegliere il luogo della propria sepoltura, facendosi eseguire una lapide sepolcrale. A parte queste incongruenze, senza dubbio Angius non potrebbe fornirci una biografia più completa di tale personaggio, protonotario apostolico, prevosto alla cattedrale di Ivrea, cantore e canonico della collegiata di Santa Maria della Scala di Chieri, vicario foraneo della stessa città per il vescovo di Torino (pp. 319-320); egli discendeva dal nonno Matteo Broglia de' Gribaldenghi, dei signori del castello de' Mossatti, consigliere della duchessa Iolanda di Savoia. Domenico, figlio di Bernardino Broglia, dei signori del castello dei Mossatti, ottenne la prima tonsura dal vescovo di Torino, Giovanni Ludovico Della Rovere, il 15 agosto 1503. Fu canonico della collegiata di Santa Maria della Scala a Chieri prima del 1516, e cantore nella stessa chiesa quando, con i fratelli Pietro, Matteo e Amedeo, fece transazione sopra la successione dei suoi genitori e sopra quella dello zio Simone Broglia, in presenza del nobile Giovanni Stefano Broglia, il 1° giugno 1526. Aveva ancora il titolo di cantore quando il 20 maggio 1541 stipulò l'acquisto di una casa a Chieri offertagli da Vincenzo Villa dei signori di Villastellone. Da un atto capitolare dei canonici di Chieri per una permuta di beni del 23 agosto 1546, si deduce che era qualificato prevosto di Ivrea e canonico di Chieri. In un processo del 30 aprile 1548, Domenico Broglia comparì nelle vesti di giudice ed esecutore apostolico, con i titoli inoltre di protonotario apostolico, prevosto della chiesa cattedrale di Ivrea, cantore e canonico della chiesa collegiata di Santa Maria della Scala di Chieri e vicario foraneo dell'arcivescovo di Torino. Possedeva i titoli di prevosto di Ivrea e canonico di Chieri nella ratifica del giuramento di fedeltà (28 dicembre 1548) che Domenico ed il fratello cavaliere Ludovico Broglia avevano prestato come tutori dei nobili Amedeo e Bernardino Broglia, loro nipoti, per i beni da questi posseduti nel dominio ducale; con le stesse cariche il nome di Domenico Broglia compare nell'investitura (25 maggio 1553) di parte del feudo di Santena ottenuta da lui come curatore e a nome del nobile Amedeo Broglia.
Domenico fu poi provvisto di un altro beneficio, la prepositura di Santa Maria di Poirino, alla quale, come pure al canonicato e prebenda di Santa Maria di Vibernia, la cedette ad Amedeo Broglia, suo nipote, nel 1558 (V. Angius, vol. III, parte 1°, 1853, p. 319). Avendo però Amedeo retroceduta la prepositura, Domenico ne fu nuovamente investito per lettere di collazione del vicario generale dell'arcivescovo di Torino (27 febbraio 1559), ma vi rinunciò due giorni dopo nuovamente a favore del nipote, il quale dopo poco tempo la lasciò ancora una volta a Domenico, cosicché questi fu per la terza volta investito per bolla di collazione di papa Pio IV, il 16 settembre 1560. Con bolla di collazione dello stesso pontefice, Domenico aveva ottenuto nel marzo 1546 la rettoria della chiesa e dell'ospedale di San Lorenzo a Chieri, ma rinunciò anche a questo beneficio; lo stesso personaggio era stato inoltre nominato dai nobili Gribaldenghi rettore della chiesa di San Lazzaro fuori dalle mura di Chieri il 7 giugno 1554, ma cedette la prebenda al suddetto Amedeo Broglia nel 1558. Essendo morto Amedeo, Domenico fu nuovamente nominato a capo della stessa rettoria con atto del 25 aprile 1563, ma grazie ad una pensione convenuta, consentì di cederla a Baldassarre Broglia, canonico di Chieri. Domenico Broglia fece il consegnamento dei suoi beni di Chieri nel 1551, dove vennero annotate due case, con la sua parte della torre dei Gribaldenghi, e diversi beni nei confini di Chieri (V. Angius, vol. III, parte 1°, 1853, p. 320).
Bibliography
Bosio A., Memorie storico-religiose e di Belle Arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri con alcuni disegni, 1878, p. 36,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, pp. 82-84,
Angius V., Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, 1841,
Moncassoli Tibone M. L., Dalle chiese del Medioevo. Palazzo Madama, in Archivi di pietra, 1988, p. 72,
Mallé L., 1965, pp. 199-200,
Angius V., Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, 1853, vol. III, parte 1°, 1853, pp. 169-170, 320
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