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Telo
XV secolo secondo quarto
velluto tagliato rilevato operato ad un corpo; fondo raso prodotto da ordito in seta rossa e trama in seta écru di fondo, ordito
0250/T
Altezza: 115 cm, Larghezza: 209 cm
fiori di cardo
Velluto tagliato operato ad un corpo: fondo raso prodotto da ordito in seta rossa e trama in seta écru di fondo, ordito di pelo in seta rossa tagliato a due altezze. Sullo sfondo si staglia una struttura a rete, creata da foglie dentellate stilizzate; all’interno di ogni maglia è disposta, con andamento a scacchiera, un’infiorescenza stilizzata (fiore di cardo). Cimosa (altezza cm 1,5) verde con una sottile riga bianca al centro. Il manufatto è formato da diversi pannelli in velluto.
Fin quasi dal suo apparire, il velluto ha assunto in Europa un ruolo di prodotto-immagine, carico di significati simbolici, per l’intrinseca ricchezza della materia prima e delle sostanze tintorie, per le complessità di lavorazione e per i significati connessi al lessico ornamentale, atti a rappresentare il potere, la ricchezza e la gloria di colui che lo indossava e lo possedeva. Rispetto alle altre tipologie tessili, il velluto è contraddistinto da un aspetto plastico e tridimensionale, dovuto ai ciuffetti di pelo che ricoprono completamente il fondo o seguono un disegno. Proprio per questa sua caratteristica che richiedeva motivi di impatto immediato, di medie o grandi dimensioni, tracciati da linee nette e sintetiche: abbandonati gli articolati e complessi disegni che si snodano sui drappi trecenteschi, desunti da repertori ornamentali orientali, si prediligono pochi soggetti, declinati in innumerevoli varianti poi adottati dalle altre tipologie tessili, quale il tema del ramo secco rifiorente. Il decoro, di ascendenza mediorientale, si allontana dalle stilizzazioni e dal gusto per linee fortemente ricurve e sinuose che caratterizza i pezzi dei primi decenni del Quattrocento, per assumere, nel corso del secondo quarto del secolo, un aspetto più maestoso e solenne, come attesta il pezzo in esame, in un primo tempo ritenuto di produzione novecentesca. Il fondo, dominato dalla trama gialla, emerge solo per definire il calligrafico contorno e i fiori di cardo del disegno a “brocone” , carico di foglie che conferiscono vivacità e movimento al suo lento e continuo snodarsi, esclusivamente definito dalla contrapposizione di peli di due lunghezze diverse, tinti in un corposo rosso, ottenuto molto probabilmente con il costoso e prezioso kermes. Grazie all’impiego del velluto a due altezze, definito dai contemporanei “alto-basso”, il decoro assume una spiccata tridimensionalità, unitamente ad un notevole effetto tonale, dovuto alla diversa rifrazione della luce sul tessuto: laddove i ciuffi si alzano, la tinta si addensa, creando quasi l’illusione dell’impiego di due colori diversi. La complessa tecnica tessile, la qualità della tintura e la compattezza e densità della superficie vellutata suggeriscono un’attribuzione ad un centro di altissimo livello, quale doveva essere Venezia, alle cui manifatture la letteratura critica ha generalmente ricondotto manufatti assai prossimi, se non identici a quello del Museo. Tale ipotesi ha trovato piena conferma dall’analisi della cimosa, molto simile a quella prescritta dai regolamenti marciani, nascosta dalla fodera in taffetas rosso, frutto, molto verosimilmente, di un montaggio antiquariale.
Tessuti, ricami, merletti. Opere scelte, 2008, pp. 25-26,
Museo Poldi Pezzoli. Tessuti - Sculture - Metalli islamici, 1987, pp. 19-20,
A.A. V.V., Fili d'oro e dipinti di seta. Velluti e ricami tra Gotico e Rinascimento, 2019, 282-283,
Palazzo Madama. Guida, 2011, pp. 178-179