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Pettine
metà XVI secolo
Avorio
0149/AV
Altezza: 11,2 cm, Larghezza: 14,5 cm, Profondità: 0,1 cm
Leggenda di Sant'Eustachio
Il pettine intagliato in avorio è biconvesso e presenta una forma allungata con due file di denti separate da una costola centrale e serrate da montanti. La fila superiore, più fitta, con i suoi sessanta-quattro denti, serviva per lisciare i capelli o spidocchiarsi, quella inferiore, con quindici grossi denti a larghi intervalli, era usata per sciogliere i nodi (Mille 2008). I montanti del pettine sono ornati su ogni faccia da una coppia di dragoni protesi verso le estremità. La costola presenta un ornato di archi acuti ribassati sorretti da mensole, nei pennacchi dei quali sono alloggiati mascheroni grotteschi. Sotto questa cornice architettonica sono raffigurati cinque episodi della leggenda di sant’Eustachio, comandante di cavalleria ai tempi dell’imperatore Traiano.
Il pettine con storie di sant'Eustachio è menzionato per la prima volta nell’inventario del Museo di Antichità redatto tra il 1816 e il 1832, il che fa supporre l'originaria provenienza dalle collezioni sabaude.

Secondo la leggenda, Eustachio visse ai tempi di Traiano e fu un comandante di cavalleria; convertito al cristianesimo con la sua famiglia dopo una visione miracolosa, sopportò con la moglie e i figli una serie di prove degne di Giobbe, senza che la sua fede vacillasse, fino a subire il martirio con i suoi entro un bue di bronzo infuocato.

I pettini di avorio noti dei secoli XIV e XV sono in tutto una trentina, due terzi dei quali raffigurano temi amorosi; la scelta di un soggetto agiografico rende inusuale il manufatto torinese, che poteva essere destinato tanto all'uso liturgico - documentato fin dal X secolo da parte del celebrante, per ravviare i capelli prima della messa in concomitanza con il lavacro delle mani - quanto all'uso profano, come strumento da toeletta. Numerosi pettini eburnei dell’alto e pieno Medioevo sono oggi usualmente considerati come oggetti di uso liturgico, mentre quelli bassomedievali vengono piuttosto ritenuti pezzi profani. Quanto al soggetto, si noterà che scene della vita di Eustachio compaiono su manufatti di avorio trecenteschi in un contesto secolare, dove il santo figura evidentemente come protettore e paradigma del buon cavaliere cristiano: ad esempio su tre cofanetti conservati rispettivamente al Victoria and Albert Museum di Londra, in collezione privata a New York e al Museo Nazionale del Bargello (di quest'ultimo esemplare rimane il solo coperchio), e su un corno da caccia, anch’esso oggi al Victoria and Albert Museum. Lo stato di conservazione non permette di risolvere definitivamente la questione. Si è di recente osservato che, essendo perfettamente conservati, i pettini eburnei sarebbero stati essenzialmente dei pezzi di rappresentanza, non destinati a un’effettiva utilizzazione; ma anche i pettini lignei, provenienti quasi sempre da contesti archeologici, presentano tracce di usura per lo più insignificanti. Nell’uno come nell’altro caso, la singolarità della sua iconografia implica con ogni verosimiglianza una sua fabbricazione su commissione, come del resto per la maggioranza degli altri manufatti eburnei gotici ornati da scene della vita del santo cavaliere e martire.



"Confronti"

I pettini eburnei francesi del XIV secolo sono pochissimi: quattro integri e uno frammentario (Cat. Detroit-Baltimora 1997, pp. 222-223, n. 53 [P. Williamson]). Il nostro, manufatto è dunque di per sé un oggetto poco comune. Un’impaginazione affine, con archi tra i quali sono inseriti mascheroni mostruosi, si trova su un pettine con scene galanti del Museo Nazionale del Bargello a Firenze (inv. 139C; Chiesi 2011, pp. 259-271, n. 15); ma lo stile è del tutto diverso. L’asprezza di certi passaggi, la sproporzione delle figure, caratterizzate da grandi teste posate su corpi gracili, possono richiamare, come ha visto Adolfo Marciano, un cofanetto eburneo con scene mariane e cristologiche del Musée Paul-Dupuy di Tolosa (inv. 18037; Koechlin 1924, vol. II, pp. 300-301, n. 821, vol. III, tavv. CXLIII-CXLIV).
Castronovo S., Gothic Ivories Project, 2012,
Bardiès-Fronty I., Le bain et le miroir, 2009, p. 205,
Mallé L., Smalti e avori del Museo d'Arte Antica, 1969, p. 299,
Spantigati C., Giacomo Jaquerio e il Gotico internazionale, 1979, pp. 288-289,
AA.VV., Carlo Magno va alla guerra. Le pitture del castello di Cruet e il Medioevo cavalleresco tra Italia e Francia, 2018,
A.A. V.V., Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia., 2016, 351,
Tomasi M., Note su due avori gotici del Museo Civico d'Arte Antica, 2013,
Koechlin R., Les ivoires gothiques francais, 1924, I, p. 412,
Castronovo S., Arte in Piemonte. Il gotico. Castelli e arte di corte: i conti di Savoia e i principi d'Acaja, in, 2003, p. 80,
A.A. V.V., Palazzo Madama. Studi e notizie. Rivista annuale del Museo Civico d'Arte Antica di Torino, anno II, numero 1/2011, 2011, 198-201