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Dipinto
1495
tempera su tavola
0448/D
Altezza: 137 cm, Larghezza: 52 cm
Madonna in trono col Bambino; san Giacomo Maggiore; san Giovanni Evangelista; san Giovanni Battista; san Tommaso d' Aquino; due donatori
Macrino d'Alba
Madonna in trono con bambino e santi.
All'inizio del 1900 la pala era nella collezione Dowdeswell di Londra e poco dopo entrò nella collezione Wilstach a Filadelfia. Nel 1955, la Memorial Hall di Filadelfia mise in vendita questa collezione e il trittico fu acquistato dall'antiquario Julius Weitzner di New York, che lo vendette a sua volta al Museo il 2 agosto 1957.

In base allo stemma della cornice, V. Bologna ha ricondotto il trittico alla committenza dei Donato di Oddalengo Piccolo, individuando nel donatore raffigurato nel dipinto Giacomo Donato, già morto nel 1512. L'attribuzione non soddisfa pienamente E. Villata (1996, 2000, 2001).

La destinazione originaria dell'opera è ignota, ma si può ipotizzare una provenienza dall’ambiente vicino alla corte di Casale Monferrato (Alessandria), a cui Macrino era legato, dopo un primo periodo di attività a Roma. La cultura del dipinto è ancora profondamente influenzata dalla frequentazione della bottega romana di Pinturicchio e dal gusto antiquariale romano di fine Quattrocento; ne è esempio il fregio con grottesche che decora il gradino del trono della Vergine, desunto puntualmente da una delle decorazioni della Domus Aurea di Nerone.



La fortuna critica del dipinto è tardiva, forse a testimoniare un'emigrazione antica almeno dal Piemonte. Il primo riferimento noto è una descrizione del Vesme datata 1900, che segnala il trittico nella collezione Dowdesell di Londra, ma già nel 1907 l'opera risulta nella collezione Wilstach di Filadelfia. Alla vendita all'asta di tale collezione, nel 1955, il trittico fu acquistato dall'antiquario Julius Weitzner di New York, il quale a sua volta lo vendette al Museo nel 1957.

Si tratta della prima opera datata a noi nota di Macrino d'Alba, all'epoca non ancora trentenne e da poco tornato in patria dopo un soggiorno a Roma dove aveva appreso il gusto antiquariale che rimarrà la caratteristiche più evidente della sua produzione successiva. Villata ipotizza un apprendistato nella bottega di Pinturicchio, artista chiave nella diffusione, alla fine del Quattrocento, del repertorio di decorazioni "all'antica" e di grottesche desunte dalla Domus Aurea, di cui troviamo una esplicita citazione anche nel trittico di Macrino. Il fregio che decora la parte inferiore del trono della Vergine riprende infatti il motivo delle Psiche alate inseguite da un felino e separate da una candelabra, ricavato dalla Volta degli Stucchi della Domus Aurea oppure, indirettamente, da un repertorio di modelli sul tipo del Codex Escurialensis oggi alla Biblioteca dell'Escorial di Madrid.

Non si hanno notizie circa la provenienza originaria del dipinto. La cornice reca gli stemmi dei nobili Dorato di Odalengo Piccolo, presso Casale Monferrato, ma poiché essa pare sia stata reimpiegata dopo l'ingresso del trittico nella collezione Wilstach, non è lecito identificare il committente in un membro di quella famiglia. È tuttavia verosimile che l'opera sia stata realizzata per un esponente della élite di Casale, presso la quale il pittore si era rapidamente affermato al suo ritorno da Roma. I capitelli dell'ambientazione architettonica trovano convincenti confronti nel casalese Palazzo Tarvisio, appartenuto a Gian Giorgio Paleologo e poi donato ad Anna d'Alençon.
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