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Dipinto
ante 1742
olio su tela
0636/D
Altezza: 78,5 cm, Larghezza: 96 cm
Miracolo del Santissimo Sacramento a Torino: caduta dell'asina
Olivero Pietro Domenico
Miracolo del Santissimo Sacramento a Torino. Cornice: lignea, modanata, dipinta in ocra, moderna
Assieme al pendant con la Caduta dell'asina (636/D), il dipinto apparteneva all’avvocato Giambattista Boasso, decurione e segretario della città di Torino, che nel 1742 donò entrambi alla chiesa del Corpus Domini. Nel 1872 la Chiesa li depositò al Museo Civico.

Le due tele rappresentano due momenti del Miracolo dell’Ostia, avvenuto a Torino il 16 giugno 1453. Il sacramento era stato trafugato, con l’ostensorio che lo conteneva, da un soldato delle truppe di Renato d’Angiò in marcia verso la Lombardia, nascosto nel basto di un’asina. I due dipinti rappresentano il momento del disvelamento del furto, causato dalla caduta dell’asina, e il momento del miracolo nel quale l’ostia risplendente, levatasi in cielo, ridiscese tra le mani del vescovo Lodovico di Romagnano. Il soggetto fu riproposto da Olivero per il mmarchese Vincenzo d'Ormea, suo grande mecenate, e da altri pittori, tra cui Giovanni Michele Graneri, cui spettano le copie delle tele di Olivero passate dal castello della Mandria al Palazzo della Regione e altre due variazioni sul tema presenti in Museo.

L'attribuzione del Mallé al 1753, terzo centenario del celebre miracolo, non è congruente con il termine ante quem al 1742 imposto dalle le vicende dei dipinti. I riferimenti andranno cercati con opere più precoci, ad esempio le storie di santi commissionate nel 1731 per la sacrestia della chiesa di San Tommaso.
Mostra del Barocco piemontese, 1963, vol. II, p. 103,
Mallé L., Museo Civico d'Arte Antica. I dipinti, 1963, p. 141,
Torino le sue montagne, le sue campagne. Rapporti metamorfosi tradizioni produttive identità (1350-1480), 2002, p. 302,
Ghisotti S., Il Tesoro della Città, 1996, p. 169,
Immagini di Torino nei secoli, 1969, p. 32, n. 198,
Da Caravaggio a Ceruti, 1998, pp. 400-401,
Mallé L., Stupinigi, 1968, pp. 470-472