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1310-1325
Tempera e oro su legno; ferro forgiato, ritagliato, cesellato e inciso
411
Altezza: 31,5 cm, Larghezza: 53 cm, Profondità: 30,5 cm
san Benedetto; san Basilio; san Giovanni Gualberto; santo vescovo
Bonamico di Martino, detto Buffalmacco (?)
pittore ignoto
La cassetta, dipinta solo sulla fronte, presenta su fondo blu scuro le figure stanti di quattro santi, tre dei quali sono identificabili grazie alle iscrizioni in minuscola gotica ancora parzialmente leggibili poste sul bordo superiore della fronte della cassa. Il retro, le due facce laterali e il coperchio presentano una policromia rossa con numerose integrazioni riferibili al recente restauro, ritrovata al di sotto di una cromia verde, frutto di una ridipintura giudicata tarda. La serratura - costituita da una placca circolare con motivi vegetali lungo il bordo ottenuti a punzone e un unico battitore terminante con la testa di un drago - è coeva alla cassa lignea; mentre dovrebbe essere di epoca successiva la grata metallica posta all’interno della cassa, che permetteva di esporre alla vista e alla venerazione dei fedeli le reliquie dei quattro santi raffigurati sulla fronte. È anche possibile che l’inserimento della grata sia da ricollegare a un nuovo utilizzo della cassa - esposta cioè nella sua integrità - in età moderna, cinque o seicentesca. L’assenza di decorazioni coeve a quelle della fronte sulla facce laterali e sul coperchio, farebbe pensare a un originario inserimento dell'oggetto, nel XIV secolo, in una nicchia chiusa su tre lati, una collocazione che consentiva di vedere solo la fronte del reliquiario e che quindi giustificherebbe il fondo rosso unito per gli altri lati.
L’opera è stata interrogativamente attribuita all’attività giovanile di Buffalmacco da Luciano Bellosi (comunicazione orale), ed è certo in questa direzione - quella dei cosiddetti “dissidenti fiorentini”, attivi nel capoluogo toscano intorno al 1310-1320, con opere di matrice giottesca (a partire dalle Storie di San Francesco nella Basilia Superiore di Assisi), ma fortemente influenzate dal linguaggio gotico francese - che bisognerà indagare in futuro per individuare l’autore di questa tavoletta; la qualità delle quattro figure di santi è alta, i personaggi filiformi, da codice miniato, tutti diversamente atteggiati, rinviano anche alla produzione di un altro dei dissidenti fiorentini, il Maestro del Codice di San Giorgio, e in particolare - nella fisionomia corrucciata ed intensa - alla figura del Battista dipinta sul verso della legatura lignea del Constitutum Artis Monetariorum redatto a Firenze nel 1314.

La cassa va ad aggiungersi ad altri oggetti liturgici di area toscana già in Museo: un piccolo reliquiario ligneo dipinto (1067/L), l’ostensorio senese del 1320-1330 attribuito al Maestro del Pastorale di San Galgano (inv. 413). Al medesimo ambiente culturale e artistico “di fronda” cui apparteneva l’anonimo autore di questo reliquiario è lo stesso in cui si formò ed operò agli inizi il fiorentino Giorgio degli Agli, contattato da Amedeo V di Savoia intorno al 1310 e poi attivo come pittore di corte per i conti di Savoia e i principi d’Acaja tra Torino, Pinerolo, Hautecombe e Chambéry dal 1314 al 1348, l’artista cui si deve l’ingresso delle prime novità grottesche in Piemonte. Il manufatto rappresenta quindi una tradizione figurativa radicatasi in Piemonte e Savoia nella prima metà del Trecento e di cui non è sopravvissuta alcuna testimonianza diretta.
Capraro S., Acquisti e doni (2002-2010), 2011, p. 168