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Disegno
XVIII secolo
inchiostro su carta
1998/DS
Altezza: 193 mm., Larghezza: 214 mm.
scenografia
Juvarra Filippo
Penna, pennello, inchiostro bruno, acquerello, carta bianca.
Nel 1722 si festeggiarono a Torino le nozze tra l'erede al trono sabaudo, Carlo Emanuele III e Anna Cristina di Sulzbach, gli apparati (luminarie, fuochi di gioia, decorazioni cerimoniali). Furono progettati e diretti da Filippo Juvarra, e ne resta memoria nelle incisioni che illustrano il libro stampato per l'occasione: "Le festose gare della notte col giorno nella sontuosa, universale illuminazione della città di Torino per l'augusto sposalizio...ecc", Torino 1722. Nel programma delle manifestazioni di giubilo era compresa anche la recita di un'opera in musica che ebbe luogo nel teatro di corte, detto il "Rondò", (L. Tamburini, 1966) "all'intersezione del padiglione della Piazzetta Reale con la galleria allacciante la reggia al castello" (ossia a Palazzo Madama), galleria che fu poi demolita in periodo napoleonico. In questa circostanza, Juvarra, riprendendo il filo della sua giovanile attività di scenografo e architetto teatrale, diede i disegni sia per la rinnovazione del teatro del Rondò sia per la messinscena dell'opera che vi fu rappresentata: il Ricimero, poesia di Apostolo Zeno e Piero Pariati, musiche di Francesco Gasparini. Non si trattava esattamente di novità. Col titolo di "Flavio Anicio Olidrio", il melodramma era stato dato la prima volta a Venezia, teatro S. Cassian, nella stagione 1707 - 1708. A Torino, col titolo il Ricimiero, era comparso a teatro Carignano nella stagione 1721 - 22. Il riallestimento al teatro del Rondò comportava tuttavia, per le ridotte dimensioni dell'ambiente, notevoli difficoltà che Juvarra superò brillantemente. Il disegno qui riprodotto si riferisce alla scena I, atto I, strada che conduce a Roma con reliquie di fabbriche diroccate. Veduta di Roma in lontano. La "strada" prevista dalla didascalia scenica avrebbe dovuto comportare una visione prospettica estesa in profondità, impossibile da realizzare al teatro del Rondò Juvarra quindi dispose in primo piano soltanto due laterali "con reliquie di fabbriche diroccate", che incorniciavano "la veduta di Roma" dipinta su telone di fondo. Veduta, questa, risolta in uno straordinario quadro di fantasia architettonica, accostante (da destra a sinistra), la piramide di Caio Cesto, le mura aureliane, la colonna Traina, il Colosseo e un tempio ripreso da modelli numismatici (tre sesterzi di Traiano). Tanta erudizione archeologica non è tuttavia fine a se stessa; anzi, è funzionale alla vicenda drammatica, ambientata nel momento del trapasso dai fasti della Roma imperiale -un passato ormai lontano- al decadimento presente di uno stato in dissoluzione. Il melodramma , secondo le usanze settecentesche, è a lieto fine: Ricimiero, il "barbaro" visigoto, si allontana dall'Urbe dove trionfa il generale dei romani, Flavio Anicto Olibrio. Nella realtà storica le cose non andarono proprio così: i successi di Ricimiero furono troncati solo dalla sua morte, nel 472 D. C.

Da calendario Banca Fratelli Ceriana. 1987 Bibliografia M. Viale Ferrero 1980, p.99
Viale Ferrero M., Filippo Juvarra scenografo e architetto teatrale, 1970,
Viale Ferrero M., L'opera italiana a Vienna prima di Metastasio. Le didascalie sceniche nei drammi per musica di Zeno, 1990, pp.280-281