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Stemma
XV
marmo
0470/PM
Altezza: 70 cm, Larghezza: 29,4 cm, Profondità: 12,3 cm
lapide
(E. Romanello 2003) Stemma della famiglia Zorzi, da Venezia: d'argento, alla fascia di rosso. Cimiero: corno dogale veneto. Dimora: Venezia, Bologna, Adria, Rovigo (V. Spreti, vol. VI, 1932, p. 1028).
Proviene da una chiesa della Toscana.

(E. Romanello 2003) Proviene da una chiesa del Veneto.

La lapide fu acquistata nel 1878 dal Museo Civico sul mercato antiquario, per 20 lire, come proveniente da una chiesa della Toscana e con una datazione alla seconda metà del XIV secolo (Inventario Generale, vol. I, p 68, inv. 678; Inventario Pietre e Marmi, p. 263), in seguito spostata all'inizio del Quattrocento (Inventario Particolare, n. 113).

L'opera presenta un'inquadratura modanata con dadetti rettangolari; dentro uno spazio affondato tra due colonne tortili, sotto un arco acuto trilobato, tra due grandi girali di foglie che lo incorniciano, è posta la lapide con la scritta latina, che Mallé trascrive con qualche inesattezza (<>, L. Mallé, 1965, p. 112). La lapide fa parte di un gruppo di sedici frammenti, di stili e tipologie di marmi diversi, giunti in Museo nel 1878, dal mercato antiquario, come opere di scultori veneti dell'inizio del secolo XV (L. Mallé, 1965, pp. 109-110). Tali oggetti, in base al vecchio inventario, proverrebbero da una chiesa della Toscana, non meglio specificata, ma tale attribuzione non sembra adattarsi a tutto l'insieme dei sedici frammenti. Si veda ad esempio proprio la lapide in esame, il nome del cui personaggio richiama chiaramente un ambito geografico veneto; considerato che ci sono tre copie di angeli e sante di qualità e stile in parte divergente, parrebbe ancora più strano ammettere la derivazione dei frammenti da un solo monumento. A tale proposito diverse ipotesi sono state avanzate: le coppie potevano appartenere a tre piccoli monumenti, oppure il monumento ebbe due facciate oltre ai lati, o forse è stato un caso che tutti i pezzi si trovassero insieme CONTINUA IN ANNOTAZIONI
Mallé L., 1965, p. 112