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Stemma
1520 - 1520
marmo
0424/PM
Altezza: 33 cm, Larghezza: 44,5 cm, Profondità: 6,5 cm
frammento di lapide
(E. Romanello 2000): Stemma a testa di cavallo della famiglia Sanmicheli: alla foglia di sega, abbassata e posta in banda; accompagnata in capo da una chiesa, in punta da un giglio. L'attuale casato veronese blasona: d'azzurro, alla banda di rosso, accompagnata in punta da un giglio d'argento, e in capo da una chiesa dello stesso, movente dalla banda, la torre a sinistra, coperta da un tetto acuminato di rosso (G. B. Crollalanza, 1888, vol. II, p. 482).
Proviene dalle Calcinere, presso Paesana.

(E. Romanello 2000): La lapide fu donata al Museo Civico nell'aprile del 1895 da Alessandro Baudi di Vesme (Inv. Generale n. 3617, Inv. Particolare n. 269), che in un articolo apparso nello stesso anno su <>, serie II, anno 1, fasc. IV (consultato in estratto, Roma 1895), racconta le circostanze del fortunato ritrovamento: è naturale che le esaustive informazioni del Vesme siano state riprese prima da Claretta (AMCAAT, ms. G. Claretta, 1896, pp. 27-28) e poi da Mallé (1965, pp. 181-182) e Gabrielli, che proposero come data certa il 1520, senza tenere conto che al termine l'iscrizione è mutila.

L'esistenza della lapide di Matteo Sanmicheli infissa nel muro di una rustica casetta nell'alta valle del Po fu segnalata da Giuseppe Roberti, professore di letteratura italiana presso l'Accademia Militare di Torino, ad Alessandro Baudi di Vesme, il quale nel marzo del 1895 si recò alle Calcinere Inferiori (frazione di Paesana), acquistò la lapide e la donò al Museo Civico di Torino. Essa era posta sopra la porta di un porcile nel cortile della casa di Battista Garino, all'epoca una delle prime a destra della strada provinciale di Crissolo. La precisazione nell'iscrizione "ac effigie sua" indicherebbe che vi era anche il ritratto di Matteo, ora scomparso, come dimostra, sotto alla lapide, la nicchia che lo conteneva (A. Baudi di Vesme, 1895, p. 45). Il Vesme cercò di spiegare la presenza della lapide del Sanmicheli alle Calcinere di Paesana con l'esistenza, in quella località, di una cava di marmi vari, della quale il Sanmicheli avrebbe potuto essere il proprietario o usufruttuario: addirittura Guglielmo Jervis, conservatore delle collezioni del Museo Industriale di Torino sosteneva che il monumento di Claudio di Seyssel, eseguito dal Sanmicheli nel duomo di Torino tra il 1522 e il 1539, fosse composto dal materiale di quella cava (A. Baudi di Vesme, 1895, p. 45 nota 1) CONTINUA IN ANNOTAZIONI
Mallé L., 1965, pp. 181-182,
Ferretti M., Domenico della Rovere e il Duomo di Torino. Rinascimento a Roma e in Piemonte. Le sculture del Duomo nuovo, 1990, pp. 257-262,
Baudi di Vesme A., M. Sanmicheli scultore e architetto cinquecentista, 1895, pp. 5, 45-47,
Crollalanza G. B., Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiani estinte e fiorenti, 1886-1890, vol. II, p. 482,
Gabrielli n., Arte nell'antico marchesato di Saluzzo, 1973, p. 23