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Capitello
XIV
marmo di Verona
0355/PM
Altezza: 52 cm, Larghezza: 60 cm, Profondità: 50 cm
stemma/croce/aquile
(E. Romanello 2003). Stemma dei Gonzaga: d'argento, alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile spiegate di nero; sul tutto inquartato: nel 1° e nel 4° di rosso, al leone dalla coda biforcata d'argento armato e lampassato d'oro, coronato dello stesso; nel 2° e nel 3° fasciato d'oro e di nero. La croce accantonata da aquile fu concessa nel 1432, assieme al titolo marchionale, dall'imperatore Sigismondo a Gianfrancesco Gonzaga (1407-1444), primo marchese di Mantova. In cuore si trova lo scudetto con l'antico stemma fasciato d'oro e di nero di casa Gonzaga, con il leone di Boemia concesso da Venceslao IV nel 1394, d'argento in campo rosso (U. Bazzotti, 1993, p. 175; S. Balbi De Caro (a cura di), 1995, p. 135). Si veda a tale proposito il grosso d'argento del marchese Gianfrancesco Gonzaga, nelle collezioni Magnaguti e Casero (S. Balbi De Caro (a cura di), 1995, pp. 198-199, Mg 27); uno stemma analogo aveva il duca Federico II (1530-1536), con al cimiero l'impresa gonzaghesca con il monte Olimpo, ed anche il duca di Mantova e marchese di Monferrato Francesco III (1540-1550), dove lo stemma è sormontato dal monte Olimpo e dalla corona ducale, mentre il principe Scipione (1613-1670) aveva al cimiero il sole invitto. Lo scudo della primitiva arme dei Gonzaga era semplicemente fasciato d'oro e di nero, dove il rilievo era l'oro ed il cavo era il nero. Nel 1394 il re di Boemia ed imperatore Venceslao IV concesse ai Gonzaga di porre sullo scudo della casata il leone di Boemia, per cui il nuovo scudo dei Gonzaga risulta, fino al 1432: inquartato: nel 1° e nel 4° di rosso al leone dalla coda biforcata d'argento armato e lampassato d'oro, coronato dello stesso; nel 2° e nel 3° fasciato d'oro e di nero. Nel 1432, insieme al titolo di marchese, l'imperatore Sigismondo concesse ai Gonzaga il diritto di fregiarsi anche della croce di rosso e della tradizionale aquila imperiale tedesca, CONTINUA IN ANNOTAZIONI
Proveniente da S. Giustina di Sezzadio (cfr. in bibliografia: L. Mallé, 1970)

(E. Romanello 2003). L'opera fu acquistata il 23 giugno 1969 da Pietro Accorsi, senza indicazione della cifra pagata (Inventario Particolare, n. 440). Da una didascalia che accompagna l'immagine del capitello, riferito ad uno scultore gotico piemontese del XIV secolo, si apprende della provenienza dell'opera da Santa Giustina di Sezzadio (L. Mallé, 1970, p. 24, fig. 3), che Giovanni Donato escluse fermamente, data la presenza sul capitello dello stemma dei Gonzaga - con la croce di rosso accantonata dalle quattro aquile concessa a Gianfrancesco Gonzaga nel 1432 dall'imperatore Sigismondo -, identificato per la prima volta da Donato (G. Donato, 1998, p. 120).

Il capitello in esame, prima di arrivare al Museo Civico, era effettivamente conservato nella chiesa di Santa Giustina di Sezzadio (apparentemente priva di arredo scultoreo), insieme ad altri due capitelli parallelepipedi in marmo (di dimensioni diverse) e ad un Cristo crocifisso in legno policromo; tali oggetti, secondo la documentazione esistente presso l'Archivio della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Torino, risultano giunti al Museo Civico d'Arte Antica dall'abbazia, benché non se ne possa stabilire con certezza la collocazione originaria. Il capitello gonzaghesco, di cui non si individuò all'epoca lo stemma, fu identificato come parte evidente di una colonna, per il suo collarino circolare, terminante con un abaco rettangolare di 40 x 53 cm, opportunamente foggiato per accogliere l'imposta di archi con sottarco (A. C. Scolari, 1983, p. 22). Scolari osservò che queste sculture, così eterogenee, tenuto conto delle vicende storiche dell'abbazia, fossero da considerare oggetti raccolti da un appassionato collezionista, probabilmente della famiglia Frascara Gazzoni, piuttosto che avanzi dell'antico arredo di Santa Giustina (A. C. Scolari, 1983, p. 23).

DESCRIZIONE: dal 1401 ormai solo emblema del re dei romani, sostituita nello scudo imperiale dall'aquila bicipite. Fino al 1530, quando Carlo V permise ai Gonzaga di timbrare lo scudo con l'impresa dell'Olimpo, lo stemma è quindi: d'argento, alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile spiegate di nero; sul tutto inquartato: nel 1° e nel 4° di rosso al leone dalla coda biforcata d'argento armato e lampassato d'oro, coronato dello stesso; nel 2° e nel 3° fasciato d'oro e di nero (U. Bazzotti, 1987, p. 175).

NSC: il complesso di edifici dell'abbazia venne ristrutturato e ampliato dal senatore ingegnere Angelo Frascara, che nel 1863 lo aveva acquistato dal Demanio; nel 1888 questi vi aggiunse l'abitazione prospiciente il grandioso parco e nel 1912, in occasione di lavori di tinteggiatura della cappella, comparvero tracce di affreschi in corrispondenza dell'abside centrale, che il proprietario fece pulire e restaurare (A. C. Scolari, 1983, p. 17). Nel 1955 la contessa Idarica Frascara Gazzoni, figlia del senatore, prese l'iniziativa di riportare la chiesa alle sue forme originali, a proprie spese. Il restauro fu affidato alla Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte, sotto la direzione dell'architetto Ercole Checchi (A. C. Scolari, 1983, p. 17).

Non emergerebbero legami evidenti tra l'abbazia ed i Gonzaga. Nell'epoca alla quale dovrebbe risalire il capitello fu abate, dal 1422 al 1452, Antonio Lanzavecchia, appartenente ad una delle più antiche famiglie sezzadiesi, eletto anche vicario del vescovo di Alessandria; Lanzavecchia ottenne, il 9 agosto 1434, da papa Eugenio IV, l'unione alla Congregazione benedettina di San Girolamo di Cervaria nel genovesato, di Santa Giustina, sopprimendone così la dignità abbaziale (A. C. Scolari, 1983, p. 12).

Una rigorosa analisi stilistica del capitello ci giunge da Giovanni Donato, il quale osservò come l'oggetto, stemmato per tre lati e fogliato per il restante, fosse sagomato per impostare le arcature e la crociera forse di un portico; "per le distinguibili connotazioni di materia e di forma" lo si potrebbe ricondurre a una grande fabbrica gonzaghesca, fra Mantova e Revere (Palazzo Gonzaghesco), dove è attivo dal 1451 Luca Fancelli. Donato non esclude però altre destinazioni per l'edilizia civile mantovana, caratterizzata da una certa varietà ornamentale (per esempio nei portici di piazza Mantegna e di corso Umberto I), ed esalta il risalto plastico del fogliame, che lascerebbe trasparire lo splendore veneziano di Palazzo Ducale, con il tramite della cultura veronese, come si vede in casa Montagnana (G. Donato, 1998, p. 121).

Il capitello sembra molto simile (malgrado il rilievo sia più piatto, perché consunto) a quello, posteriore al 1433, rimasto sepolto insieme ad altri, nel 1948, durante i lavori dell'interramento del Rio e di costruzione del nuovo corso della Libertà, a Mantova; tali capitelli sostenevano gli archi su cui si elevava una casa affacciata sul tratto del Rio ora coperto (E. Marani, C. Perina, vol. II, 1961, pp. 23, 39, nota 1, tav. 21 b). Forse durante questi lavori capitelli simili a quello riprodotto possono essere finiti sul mercato antiquario e di qui alla famiglia Frascara Gazzoni.



BIBLIOGRAFIA DI CONFRONTO:

E. Marani, C. Perina, Mantova. La Storia le Lettere le Arti. Dall'inizio del secolo XV alla metà del XVI, vol. II, 1961, pp. 23, 39, nota 1, tav. 21 b

U. BAZZOTTI, Lo stemma dei Gonzaga di Mantova e il suo impiego nelle monete mantovane, in La sezione gonzanesca (monete, medaglie, pesi e misure mantovane nell'età dei Gonzaga), Mantova 1987, p. 175.

S. Balbi De Caro ( acura di), I Gonzaga. Moneta Arte Storia, catalogo della mostra, Milano, 1995, pp. 135, 198-199.
Mallé L., I Musei Civici di Torino. Acquisti e Doni 1966-1970, 1970, p. 24,
Scolari A.C., La chiesa abbaziale di S. Giustina di Sezzadio, 1983, pp. 17, 22--23,
Donato G., Blu Rosso e Oro. Segni e colori dell'araldica in carte, codici e oggetti d'arte. Capitello con stemma Novelli di trino, 1998, p. 120