La mostra si propone di illustrare le vicende culturali, artistiche, politiche e economiche dell’Asia dopo le conquiste di Alessandro e, in particolare, l’incontro della civiltà ellenistica con quella mesopotamica, quella iranica e quella del subcontinente indiano, focalizzando l’attenzione sull’arte della Babilonia, con particolare riferimento alla città di Seleucia al Tigri, e sull’arte del Gandhara, regioni che costituiscono la nostra maggiore fonte di informazione sulla situazione tra il IV sec. a.C. e il III d.C. dei territori appartenuti al Macedone. Queste due aree inoltre furono, e ancora sono, oggetto di importanti ricerche italiane da quando l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (oggi IsIAO) e il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia promossero estese campagne sul terreno, il primo nel 1956 nella regione dello Swat, il secondo nel 1963 a Seleucia al Tigri, nell’attuale Iraq. Lo Swat, importante snodo tra il Gandhara e l’Asia Centrale, venne conquistato da Alessandro nel 327 a.C. durante la campagna che gli avrebbe permesso di raggiungere l’Indo e, subendo il forte impatto dell’incontro con la cultura ellenistica, che ebbe nella vicina regione della Battriana un centro d’irradiazione, divenne luogo di produzione artistica grandemente influenzato dalla tradizione occidentale, sviluppando in una regione così lontana dal Mediterraneo una complessa cultura che ebbe in quell’area forti ripercussioni soprattutto sull’iconografia buddista. L’attività dell’IsMEO in complessi religiosi buddisti e, in particolare, lo scavo del monastero di Butkara permisero di acquisire nuovi dati archeologici proprio sulla prima comparsa e sulla diffusione nell’arte del Gandhara di raffigurazioni antropomorfiche del Buddha, debitrici nel modellato e nello stile delle figure apollinee greche. Frutto prezioso di quelle ricerche fu il rinvenimento di spettacolari rilievi in scisto con raffigurazioni del Buddha e di altri personaggi che rinviano alla cultura greca, iranica e scitica, a testimonianza di una complessa realtà di interrelazione culturale. Accanto alla Battriana, centro fondamentale di diffusione ed elaborazione di una cultura ellenistica asiatica fu Seleucia al Tigri. Fondata nel cuore della Mesopotamia da Seleuco Nicatore alla fine del IV secolo a.C. come una nuova Babilonia, la città divenne di fatto la capitale dell’Asia seleucide e luogo privilegiato di confronto tra la cultura greca e le tradizioni antico-orientali. Grazie alla sua posizione di crocevia tra Occidente e Oriente, la città conobbe un notevole sviluppo commerciale, che si consolidò ancor più dopo che una nuova dinastia, quella degli Arsacidi, nella sua espansione dalla Partia, sottrasse ai Seleucidi vaste zone del loro impero. La cultura e l’arte della Mesopotamia seleucide e partica furono profondamente influenzate dall’incontro con il linguaggio ellenistico e ne subirono il fascino. Durante il periodo partico, dopo la conquista della Babilonia da parte di Mitridate I nel 141 a.C., questo linguaggio comune permise di esprimere contenuti appartenenti alle tradizioni iraniche in aggiunta a quelli in continuità con la vetusta tradizione mesopotamica. L’espressione figurata infatti da un lato continua direttamente formule orientali e dall’altro trae ampia ispirazione dal repertorio ellenistico nell’elaborare soluzioni originali e innovative. Per questi motivi, la città suscita da sempre vivo interesse tra gli studiosi, siano essi storici o archeologi. Dopo le prime ricerche dell'Università del Michigan (1927-1937), gli scavi della Missione Archeologica Italiana in Iraq (1964-1976, 1985-1989) hanno permesso di riportare alla luce strutture abitative e artigianali, nonché i resti di un grande edificio pubblico che ospitava gli archivi cittadini, il più grande che si conosca nel mondo ellenistico, oltre a materiali che contribuiscono in maniera decisiva al recupero di oltre cinque secoli di storia del Vicino Oriente antico. Proprio da quelle ricerche sul terreno prende avvio il progetto espositivo di questa mostra, la quale vuole approfondire le profonde conseguenze dell’impresa di Alessandro in una fase della storia dell’Asia Anteriore poco nota al grande pubblico, dominata da fenomeni storici che tanta importanza hanno avuto anche nello sviluppo della nostra civiltà, primi fra tutti gli effetti economici e culturali del grande commercio a lungo raggio e gli interscambi nell’arte figurativa. Sebbene siano separate da grandi distanze geografiche e rappresentino l’espressione di differenti tradizioni millenarie, la Mesopotamia e il Gandhara, che costituiscono i poli occidentale e orientale delle immense conquiste di Alessandro in Asia, furono infatti accomunate dalla diffusione della cultura ellenistica. Proprio l’arte figurativa greca divenne una sorta di lingua franca attraverso la quale dare forma ed espressione ad esigenze, concetti e persino sentimenti religiosi tra loro diversissimi. La mostra, che verrà accolta nella splendida sede di Palazzo Madama a Torino, un complesso museale ospitato in un edificio storico con una vita lunghissima – dall’età augustea al Settecento – si presenta come un’occasione preziosa per far conoscere materiali da Seleucia per lo più inediti (terrecotte, ceramiche, monete, oggetti in metallo o vetro), recentemente acquisiti dal Museo Civico d’Arte Antica di Torino, opere d’arte e d’artigianato dall’Oriente seleuco-partico, provenienti da grandi musei quali il Louvre, il British Museum, il Vorderasiatisches Museum e il Museum für Islamische Kunst di Berlino, il Kelsey Museum di Ann Arbor e il Metropolitan Museum of Art di New York, e i meravigliosi rilievi in scisto rinvenuti nella regione del Gandhara e conservati nel MAO - Museo d'Arte orientale di Torino. La mostra è accompagnata da un catalogo delle Edizioni Silvana Editoriale, che contiene le riproduzioni e le schede di tutte le opere in mostra oltre autorevoli saggi critici.