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Cintura nuziale
1860 - 1880
seta; canapa; argento filato / lampasso lanciato a due dritti (nastro)
2007/T
Altezza: 120 cm, Larghezza: 3,8 cm
Cintura seta lampasso / Belt silk lampas
Lampasso lanciato a due diritti: ordito di fondo in seta rossa, ordito di legatura in seta avorio, ordito di imbottitura in canapa, trama di fondo in seta rosa salmone, trama supplementare lanciata in argento filato (anima in seta rosa). La cintura è completata, ai capi, con una fibbia e con uno scudiccinolo, entrambi di argento dorato e con piccoli smalti.
I corredi nuziali del Medioevo comprendevano spesso ricche cinture, che si portavano agganciate e annodate, con l'estremità provvista di scudicciolo che pendeva fino all'altezza delle ginocchia.

Oggi se ne conservano pochissimi esemplari: questo, donato nel 1940 dalla marchesa Olimpia Natta vedova Gianazzo di Pamparato, è impreziosito alle estremità da una fibbia e da uno scudicciolo in argento dorato con ricchi motivi vegetali e architettonici lavorati a filigrana e a cesello e smalti dipinti.

"Una cintura per Dama, e dama di casa principesca, un oggetto in somma che se non è unico, per fermo è rarissimo". Con queste parole Angelo Angelucci commentava la preziosa cintura, presente nella IV Esposizione Nazionale di Belle Arti allestita a Torino nel 1880. Relativamente alle imprese raffigurati sul nastro, osservava che quella della Fenice sulle fiamme col motto "PACIOR INDIGNE" sia da ricondurre ai Visconti, mentre lasciava "la cura all'indovinarlo a chi è dotto in questa materia" l'identificazione del "antibraccio con la mano che tiene un anello col motto NUMQNAM". L'ipotesi che i finimenti e il nastro siano coevi è ribadita sia nella deliberazione del Podestà del 27 dicembre 1940, con la quale veniva accettato il legato della marchesa Olimpia Natta d'Alfiano, vedova Gianazzo di Pamparato, ove si indugia sulla fascia "stupendamente tessuta in seta rossa ed oro con le alterne raffigurazioni di due imprese e dei relativi motti nobiliari, uno dei quali appartiene ai Visconti di Milano", sia da Vittorio Viale, al quale si deve il primo studio dedicato al nostro manufatto. Lo studioso, che collocava il pezzo alla seconda metà del XV e ascriveva in modo dubitativo i finimenti, a Venezia "e ai suoi bravi orefici e smaltatori", nel commentare il "bel nastro", il quale "ricorda forse, superandole in bellezza ed in perfezione, le testate di paliotti o gli orli dei paramentali, che tessuti a scene sacre erano geloso privilegio di tessitori fiorentini o lucchesi del tempo (soprattutto verso la fine del XV secolo)", evidenziava come non ci sia "una serie base per attaccarci al pur attraente suggerimento dell'Angelucci ed attribuire a personaggi della grande Casata milanese il bellissimo oggetto".

Negli interventi successivi, gli studi si sono soprattutto incentrati sui finimenti e si deve aspettare l'approfondita scheda di Grazia Boschini, Marina Rapetti e Cinzia Piglione per una dettagliata analisi storico-critica relativa anche alla parte tessile. In tale occasione, il nastro, per la complessa tecnica esecutiva, troppo compatta e regolare per essere ricondotta ad un telaio al tiro, per la tipologia dei filati metallici e per le incongruenze riscontrabili nelle imprese e nei motti, rappresentati in modo estremamente grafico e lineare, è giustamente collocato alla seconda metà dell'Ottocento. Sebbene non sia dato ancora sapere quando venne applicata la fascia "moderna", intervento che dovette avvenire entro il 1880, è assai probabile che con tale operazione si volle "riproporre" una preziosa e raffinata cintura nuziale. Molto verosimilmente, il proprietario, o il mercante, decise di "restaurare" la cintura, applicando un nuovo nastro, che, sebbene nella misura non sembri corrispondere esattamente alle parti metalliche, nella scelta cromatica, nell'aspetto formale e nel lessico ornamentale ricordasse i sontuosi tessuti quattrocenteschi. E non dovette essere difficile poter rintracciare stoffe simili: fin dalla metà del XIX si assiste al prolificare di copie, filologicamente più o meno corrette, dei preziosi drappi del Quattrocento, richiesti dalla clientela più raffinata per l'arredamento o l'abbigliamento.
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