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1621
0447/PM
Altezza: 11 cm, Larghezza: 70 cm, Lunghezza: 200 cm
Figura giacente di Alfonso Falcombello
Lastra tombale del padre Alfonso Falcombello, con tunica stretta da alta cintura e cappuccio. Agli angoli, teste angeliche.
L'identificazione del personaggio ritratto con Bartolomeo Falcombello, vicario generale degli Agostiniani di Avigliana, riportata dagli inventari e desunta probabilmente da Claretta, non venne mai messa in discussione, se non nella scheda inventariale del 3/10/1989, dove il nome del personaggio è seguito da un punto interrogativo.

Gaudenzio Claretta sosteneva infatti che Bartolomeo Falcombello, a suo parere celebre oratore e generale degli Agostiniani, morto ottuagenario a Savigliano nel 1634, fu sepolto nel convento di Sant'Agostino di Avigliana, e che il suo mausoleo venne scoperto in una vigna presso tale distrutto convento. Inferiormente alla lapide sepolcrale di Falcombello, ai tempi di Claretta era situata, nell'ambito del percorso museale, una lapide commemorativa in marmo, proveniente anch'essa dalla medesima chiesa degli Agostiniani, la quale giunse in Museo già nel 1884 (acquistata da Valentino Chiesa, cfr. scheda 539/ PM).

Mallé (1965) condivise l'identificazione del monaco con padre Bartolomeo Falcombello, sottolineando come si staccasse in modo evidente dal fondo la figura del defunto, dai marcati contorni del corpo; il saio si presenta saldamente plastico, con le strette pieghe sul busto, che diventano più ampie e corpose in basso, mentre la larga cocolla si stende in unico piano liscio.

Nessun dubbio su Bartolomeo Falcombello fu avanzato una quindicina d'anni fa da Maria Luisa Moncassoli Tibone (1988), che sembrò apprezzare il vigoroso plasticismo della figura, il cui capo poggia "significativamente" su un libro aperto, mentre maggiore vitalità è data dalle quattro testine di angeli.

In realtà pare che Claretta abbia frainteso gli scritti di Antonio Manno (sua probabile fonte), il quale parla di un Bartolomeo Falcombello, appartenente all'ordine di Sant'Agostino, vicario generale della Congregazione degli Osservanti di Lombardia, autore dell'Incatenamento della Divina Sapienza (1692), nato ad Avigliana nel 1615 e morto ottuagenario a Savigliano nel 1694, e non nel 1634 come riferì Claretta. Considerata la data 1621 riportata sulla lapide sepolcrale, pare che questa poco si adatti all'arco cronologico dell'esistenza di Bartolomeo, che nel 1621 aveva solo sei anni (A. Manno, vol. X, p. 24) e che difficilmente a quell'età poteva pensare alla costruzione del proprio sepolcro. La lapide potrebbe piuttosto riferirsi al monaco agostiniano Alfonso Falcombello, della Congregazione di Lombardia, autore nel 1645 del Sermone del gaudio di Maria Vergine gravida del Figlio di Dio (A. Manno, vol. X, p. 24), forse proprio il testo sopra al quale la statua del defunto posa il capo. Che tale personaggio avesse deciso di farsi preparare la lapide sepolcrale prima di morire non dovrebbe stupire, dal momento che si tratta di un'evenienza già riscontrata in altre opere del Museo (allo stesso modo si decideva spesso per tempo di dettare le proprie ultime volontà).

Sembrerebbe priva di fondamento la notizia di Claretta, ripresa da Mallé nella scheda 539/ PM, riguardo all'iscrizione, datata 1647, che riporterebbe la "dedica" allo zio Bartolomeo da parte del "nipote" Giovanni Domenico Falcombello (per il quale si veda la scheda 443/ PM): infatti nel lungo testo di tale iscrizione non vi è nessun cenno a Bartolomeo Falcombello. La lapide commemorativa 539/ PM, giunta al Museo nel 1884, secondo voci infondate sarebbe stata fatta apporre presso il tumulo di Bartolomeo Falcombello da Giovanni Domenico, ricevitore delle finanze, benefattore dei Gesuiti di Pinerolo, consigliere del re di Francia e prefetto generale dell'annona francese in Piemonte (A. Manno, X, p. 25). Questi volle assegnare, come risulta dall'instrumentum rogato presso il notaio Francesco Benedetti il 20 settembre 1647 e come riporta la lastra medesima, un lascito di messe in perpetuo per l'altare degli ascendenti Falcombello, intitolato al Beato Cherubino (recita infatti l'iscrizione 539/ PM: "(…) PRO SUIS AGNATIS AD ALTARE BEATI CHERUBINI"): ecco giustificata la presenza dei cherubini agli angoli della lapide del monaco agostiniano, la cui sepoltura si trovava con probabilità presso tale altare nella chiesa degli Agostiniani di Avigliana. L'equivoco sulla dedicazione della lapide a Bartolomeo Falcombello da parte del nipote Giovanni Domenico, potrebbe essere stato generato da un'errata interpretazione del primo rigo dell'iscrizione 539/ PM: "HEREDITAS SANCTA NEPOTES EORUM, ECCLI. C. 24", probabilmente una derivazione dal canto XXIV dell'Ecclesiaste.
Moncassoli Tibone M. L., Dalle chiese del Medioevo. Palazzo Madama, in Archivi di pietra, 1988, p. 72,
Mallé L., 1965, p. 218,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008