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Il gioco degli scacchi
c. 1530-1532
olio su tela
0478/D
Altezza: 90 cm, Larghezza: 127 cm, Profondità: 2,4 cm, Cornice Passpartout: 115 x 150 x 9 cm
dipinto
figure/schacchiera
Campi Giulio
Cornice antica riadattata, lignea, intagliata con fregio ad ovuli all'interno e all'esterno del bordo principale; bordo a olive e chicchi; fascia dipinta in grigio-azzurro; dorata.
Il dipinto venne reso noto da Roberto Longhi (1963), quando ancora si trovava in collezione Nigro a Genova, come opera di Sofonisba Anguissola. Accostandolo alla Partita a scacchi di Sofonisba a Poznan, Longhi riteneva che anche il quadro oggi a Torino spettasse alla pittrice cremonese, mentre la corretta attribuzione a Giulio Campi venne esplicitata per la prima volta da Giovanni Godi e Giuseppe Cirillo (1978), pur con una datazione al periodo tardo anticipata da Bora (1985) alla metà del quarto decennio del Cinquecento. Longhi per primo tuttavia riconosceva affinità con la nota Allegoria del Campi del Museo Poldi Pezzoli, e correlava la figura dell'uomo con berretta nera che si china verso il tavolo con il Ritratto di Galeazzo Campi, opera di Giulio agli Uffizi, suggerendo gli sviluppi della critica successiva. Il tema del dipinto è una partita a scacchi, come nel precedente di Luca di Leida a Berlino, e documenta anche in area cremonese la diffusione del gioco, rinverdita nel corso del Cinquecento dal poemetto "Scacchia ludus" di Girolamo Vida. La tela riprende un taglio compositivo frequentato e diffuso in area veneta, con esiti prossimi ad alcune opere di Dosso o di Callisto Piazza, pittore quest'ultimo forse noto anche a Cremona e da cui Giulio riprende l'espediente della figura di spalle in primo piano.

In una lettura orientata verso l'allegoria amorosa e il neoplatonico certame tra amore e guerra (ove la figura della donna prosperosa potrebbe alludere a Venere, mentre quella dell’armigero di spalle a Marte), il soggetto potrebbe alludere a un evento matrimoniale (Bora, 1985); più di recente Guazzoni (1994) ha ricondotto la scena alla vita reale, suggererendo di riconoscere nel gioco sotteso di sguardi e di gesti un ritratto di gruppo, secondo una pratica adottata anche da Sofonisba, che nella sua Partita a scacchi inserirà i ritratti delle sorelle e di un'ancella. In base all’autoritratto certo del pittore nell’Allegoria al Museo Poldi Pezzoli di Milano, infatti, il giovane malinconico che guarda verso lo spettatore potrebbe essere identificato con Giulio Campi stesso, mentre l’uomo che si appoggia al tavolo, come era già stato notato da Longhi, assomiglia molto al padre Galeazzo.

L'opera va collocata a ridosso del 1530, e probabilmente prima della Madonna della Misericordia dell'Arcivescovado di Milano (1534), dove il pittore mostra l'avvenuto superamento della fase iniziale di tradizione padano-veneta in ragione di un manierismo ormai arricchito di vitazioni raffaellesche ed emiliane.
Guazzoni V., Sofonisba Anguissola e le sue sorelle, 1994, pp. 314-315,
Mallé L., I Musei Civici di Torino. Acquisti e Doni 1966-1970, 1970, p. 28,
Painters of Reality. The legacy of Leonardo and caravaggio in Lombardy, 2004, p. 164,
Marubbi M., Gli occhi di Caravaggio, 2011, p. 100,
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Berenson B., Italian Pictures of the Renaissance, 1968,
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Campi e la cultura artistica cremonese nel Cinquecento, 1985, pp. 133-134,
Palazzo Madama. Guida, 2011, p. 73,
Il giuoco al tempo di Caravaggio. Dipinti, giochi, testimonianze dall fine del '500 ai primi del '700, 2013, p. 145