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Ciborio
Ciborio
Anno
c. 1420
Materiali
Rame inciso, traforato e dorato con elementi in fusione
Inventario
0979/B
Dimensioni
Altezza: 53 cm, Larghezza: 15,5 cm, Profondità: 15,5 cm
Soggetto
scene della Passione
Descrizione
Il fusto provvisto di un nodo a sfera schiacciata è unito alla parte superiore del ciborio mediante larghe foglie carnose. Sulla teca esagonale sono incise a bulino sei scene legate alla Passione di Cristo, segnatamente: Orazione nell’orto, Bacio di Giuda, Flagellazione, Incoronazione di spine, Salita al Calvario e Crocifissione. Il coperchio è una vera e propria microarchitettura con finestrelle gotiche a traforo, pinnacoli, guglia slanciata e crocifisso apicale. La base esalobata poggia su uno zoccolo lavorato a traforo
Notizie Storico-Critiche
Le visite pastorali del Quattrocento segnalano la presenza di simili cibori architettonici in Valle d’Aosta: ad esempio Pietro di Gillarens nel 1421 descrive un “ciborio fusteo ad modum campanilis in quo est una ostia magna involuta cintali” presente nella parrocchiale di Challant Saint-Victor.
La fortuna espositiva dell’oggetto, esposto a partire dal 1880 - quando compare all’Esposizione di Belle Arti di Torino - in tutte le principali rassegne sul Quattrocento in area sabauda, si deve certamente all’elegante e slanciata struttura, ma anche alla peculiare tipologia nordica con figure incise a bulino che dovette sicuramente avere una diffusione ben più ampia di quella oggi documentata, specie nelle valli laterali della Valle d’Aosta. Studiando il manufatto per la mostra "Giacomo Jaquerio e il Gotico internazionale" (1979), C. Spantigati vi notava stringenti somiglianze con con opere dell’area germanica, in particolare con un ciborio in rame dorato e inciso del Bayerisches Nationalmuseum di Monaco, assegnato ad una bottega della Germania meridionale e datato intorno al 1420, e con il reliquiario a forma di piccolo armadio, con scene della Passione incise sugli sportelli, del Museo degli Argenti di Firenze, databile intorno al 1430. Più che il prodotto di un orafo aostano influenzato da xilografie nordiche, come ipotizzava la studiosa, è verosimile che si tratti di un oggetto di importazione, appartenente ad una tipologia di suppellettile sacra dove l’incisione diviene il mezzo prescelto per le parti figurate, come nel citato reliquiario del Museo degli Argenti di Firenze.
Difficile precisare l’originaria collocazione del ciborio, già di proprietà Avondo quando fu esposto a Torino nel 1880 con l’indicazione di provenienza dalla Collegiata di Verrès, notizia non altrimenti documentata. Al momento del suo ingresso in Museo, nell’inventario generale fu sbrigativamente definito “reliquiario in rame cesellato e dorato portante inciso lo stemma Challant, legato Avondo 1911”. Successivamente Viale nel 1939 indica come luogo d'origine il castello di Issogne, edificio peraltro acquistato da Avondo nel 1872, e in seguito restaurato e riarredato. Lo stemma di Francesco Challant, inciso rozzamente sul piede, appare come un grossolano tentativo di accrescere il valore dell’oggetto tirando in ballo un illustre committente, del quale ci sono giunti ben più raffinati stemmi a smalto, sormontati da cimieri, applicati sulla base dello splendido reliquiario della mandibola del Battista del Tesoro della cattedrale di Aosta, attribuito a Jean de Malines.
Bibliografia
Mallé L., Palazzo Madama in Torino. Le collezioni d'arte, 1970, v. II, pp. 401, 494,
Piglione C., Gotico sulle vie di Francia, 2002, pp. 94-97,
Viale V., 1931, p. 240,
Palazzo Madama. Guida, 2011, p. 57,
Baiocco S., Arte in Piemonte. Il gotico. Jaquerio e il Gotico Internazionale, 2003, p. 97,
Piglione C., Corti e città. Arte del Quattrocento nelle Alpi occidentali. scheda 117, 2006, pp. 215-216,
Piglione C., Il Tesoro della Città. Opere d'arte e oggetti preziosi da Palazzo Madama, 1996, p. 55,
Spantigati C., Giacomo Jaquerio e il Gotico Internazionale in Piemonte, 1979, pp. 281-285,
Viale V., Mostra del Gotico e del Rinascimento in Piemonte, 1939, pp. 239-240
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