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1800 - 1806
porcellana tenera dipinta e dorata; integrazioni in porcellana dura e in terraglia
1486/C
Il nucleo del servizio conservato a Palazzo Madama si compone di 57 pezzi: 8 piatti fondi e 13 da coltello, 11 piatti da portata circolari, 2 piatti da portata ovali, di 2 zuppiere, una ovale e una circolare, di 4 legumiere, di un'insalatiera, di un rinfresca bicchieri e tre rinfrescatoi per bottiglia, 2 saliere, una mostardiera con coperchio, una burriera, 3 vassoi da burriera, 2 tazzine, un piattino. Molti di essi rivelano tracce di un'usura prolungata. Tutti i pezzi sono contrassegnati da identico decoro dei bordi, con fascia lilla profilata d’oro, interrotta da stelle dorate racchiuse in ovali e contornate da tralci d’edera dorati. In campo bianco, senza riserve, sono dipinti animali selvatici e da cortile. I rinfrescatoi e le zuppiere, decorati con maschere di leone e teste femminili all'antica, hanno forme decisamente neoclassiche.
Il servizio “con fascia lilà, animali ed ornamenti in oro” (1800-1806) fu l’ultimo grande servizio realizzato dalla Real Fabbrica della Porcellana di Napoli prima della chiusura nel 1807. La fabbrica era stata aperta da Ferdinando, figlio di Carlo di Borbone, dapprima nella Reggia di Portici, in seguito nel Palazzo Reale di Napoli, e fu traghettata dal rococò al linguaggio neoclassico da Domenico Venuti, di formazione archeologica, che introdusse i temi all'antica ispirati ai coevi ritrovamenti di Pompei ed Ercolano. Nell'ultimo periodo, a inizio Ottocento, fu retta da Felice Nicolas, accompagnato dallo scultore Filippo Tagliolini e del pittore Giacomo Milani, già attivi nel periodo Venuti.

Il servizio era stato destinato da Ferdinando IV al Real Sito di Portici, residenza di caccia del re, ma rimase nei magazzini della fabbrica, sia per la repentina chiusura di essa sia per gli altrettanto repentini cambiamenti nel governo del Regno. Nel 1807, infatti, i Borboni furono scalzati dall’esercito napoleonico e salì al trono Giuseppe Bonaparte. La Real Fabbrica fu chiusa e una società di imprenditori con a capo lo svizzero Jean Poulard-Prad rilevò vasellame, modelli e attrezzature e trasferì la produzione nel Convento di Santa Maria della Vita. I magazzini furono svuotati e più di un centinaio di pezzi del servizio con fascia lilla vennero prelevati dal nuovo sovrano per il Palazzo Reale di Caserta. Negli anni seguenti il nucleo originario fu integrato a più riprese, sia con pezzi Poulard-Prad al tempo di Gioachino Murat, sia con pezzi in terraglia della fabbrica napoletana di Cherinto Del Vecchio, sia, più tardi, fino al 1840 circa, con pezzi in porcellana di Parigi decorati a Napoli nel laboratorio di Raffaele Giovine. Da Caserta, dopo il ritorno dei Borboni nel 1815, il servizio (allora formato da 640 pezzi) fu trasferito nella Reggia di Portici.

Una novantina di pezzi si conservano oggi al Museo di Capodimonte a Napoli, altri allo Stibbert di Firenze, e cinquantasette nel Museo Civico di Torino, dove giunsero nel 1879 grazie a un acquisto del direttore Emanuele d’Azeglio dall’antiquario torinese Giacomo Guglielmi.

A parte la piccola zuppiera circolare in terraglia Del Vecchio, il resto è in porcellana e spetta alla Real Fabbrica (identificabile dalla pasta tenera, con spessa vernice vetrosa, e pitture dai toni più sfumati e dai colori come acquerellati) e alla fabbrica Poulard-Prad (dalla pasta dura, più bianca e compatta, con soggetti dipinti a colori più decisi e in maniera sommaria). La qualità dei pezzi prodotti dalla Real Fabbrica va attribuita di Giacomo Milani, primo pittore della fabbrica, già responsabile della decorazione del noto Servizio delle Vedute del Regno, e ai suoi collaboratori. Un piatto da portata circolare, non esposto, raffigurante un gruppo di animali con pecora, capra e gallo, ha sul retro l'iniziale "m." dipinta in nero sopravernice, forse la firma dello stesso Milani. Di particolare rilievo è il grande piatto, il più celebre di tutto il servizio, che riproduce il frontespizio del libro "Tetes de differents animaux dessinées d’après nature" di Guillaume Tischbein, direttore dell’Accademia Reale di pittura a Napoli, poi di quella delle Arti a Dresda, edito nella città partenopea nel 1796.
Soffiantino M. P., Il Tesoro della Città, 1996, p. 114