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Sonaglio
Anteriore al 1951
legno, fibre vegetali, semi
0043/SM
Altezza: 23,5 cm, Larghezza: 15 cm
sonaglio (musambo)
Sonaglio / strumento musicale da accompagnamento (musambo)
Sonaglio a cestello composto da un manico in legno fissato a una gabbia ad intreccio di forma ovale. Quest'ultima è formata da cinque corpi in fibra vegetale intrecciata che si intersecano con strisce dello stesso materiale disposte secondo un andamento a spirale che crea cerchi concentrici e forma un cestello a trama larga. All’interno del cestello sono inseriti dei semi che, attraverso la rotazione e l'agitazione dell'oggetto si scontrano tra loro e contro le pareti del contenitore producendo il suono. Il confronto con oggetti simili fa presumere che il bene sia stato realizzato a partire da rami di "combretum zeyheri", pianta delle savane centro-meridionali del continente africano.



Questi manufatti sono diffusi in una vasta area compresa tra l’attuale Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia e l’Angola, principalmente tra le popolazioni Chokwe e Luvale. I Chokwe abitano nella parte meridionale della Repubblica Democratica del Congo compresa tra i fiumi Kwango e Lualaba e nelle regioni nord orientali dell’Angola e nord-occidentali dello Zambia. I Luvale vivono tra lo Zambia nord-occidentale e l’Angola sudorientale e sono culturalmente vicini ai Lunda.



In questi contesti culturali, la produzione di oggetti in fibra vegetale intrecciata non ha solo una funzione ordinaria.

I cesti possono essere utilizzati come strumenti divinatori, o in alternativa, come contenitori di strumenti divinatori ciascuno con un proprio significato simbolico. Inoltre, esiste una produzione di strumenti musicali in fibra vegetale la cui funzione non è limitata all’intrattenimento e alla quotidianità.

Il sonaglio in esame, denominato musambo, era uno degli strumenti degli specialisti Luvale del sacro. Durante i riti di invocazione, questo oggetto veniva posato con cura a terra dal divinatore e successivamente agitato con la mano destra con movimenti regolari. Tale gesto accompagnava l’invocazione di figure politiche e capi tradizionali defunti che potevano manifestarsi e comunicare delle risposte attraverso gli specialisti del sacro.



Si presume che il bene appartenga al corpus di 185 oggetti donati al Museo da Tiziano Veggia (1893-1957). Veggia lavorò come ingegnere nel Congo Belga per la Compagnie du Chemin de Fer Bas Congo-Katanga (1919-1936) e per l’Otraco (1936-1951), affiancando alla sua attività lavorativa la pratica del collezionismo. Nel maggio 1955 donò la sua collezione al Museo Civico di Torino.
Terre Lontane. Arti extraeuropee dal Museo Civico d'Arte Antica, 2002,
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Way of Knowing, 2014