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Scultura
c. 1630
marmo
0451/PM
Altezza: 94 cm, Larghezza: 57 cm, Profondità: 14 cm
Stemma del cardinale Maurizio di Savoia
Stemma del cardinale Maurizio di Savoia.
La datazione generica al 'XVII secolo dello stemma fu in seguito circoscritta agli anni intorno al 1630 (Inv. Particolare n. 146; Mallé, 1965): nel 1632 infatti lo stemma sabaudo di Emanuele Filiberto (condiviso dal cardinale Maurizio), rimasto intatto sotto Carlo Emanuele I, fu modificato con editto del 23 dicembre da Vittorio Amedeo I, con i cosiddetti quarti di pretesa, cioè di Gerusalemme, di Cipro o Lusignano, di Armenia e Lussemburgo (AMCAAT, M. Zucchi, s.d., p. 5). Il cardinale Maurizio portò tale arma finché fu cardinale: piena, come è regola per gli ecclesiastici e senza corona, come è regola per i cardinali. Una volta deposta la porpora e tornato primo principe di sangue, fu fatto principe di Oneglia e conte di Barcellonetta: senza spezzare le armi, decise di adottare la divisa di uno specchio con il motto OMNIS. IN. UNUM (A. Manno, 1884, s.n.).

Claretta nel suo manoscritto sugli stemmi conservati presso il Museo Civico, sostenne la provenienza del blasone dall'abbazia di San Benigno a Fruttuaria, che non è però accertata; inoltre l'autore descrisse l'arma sormontata dal cappello cardinalizio a cinque ordini di nappe, mentre in realtà ne compaiono solo tre: in effetti criteri rigidi riguardo all'araldica ecclesiastica furono fissati solo a partire da papa Pio VI (1775-1799), secondo il quale la dignità cardinalizia, superiore alle altre, doveva comportare cinque ordini di nappe, nessuna corona né suppporti né insegne. Claretta deve essersi basato sui regolamenti araldici posteriori a tali modifiche, senza osservare con maggiore attenzione l'oggetto in Museo.

In alternativa a Fruttuaria, lo stemma poteva trovare la sua collocazione originaria in uno degli altri complessi abbaziali retti dal cardinale: quali l'abbazia di San Giusto (dal 1604), di Santo Stefano a Ivrea (dal 1617), o di San Michele della Chiusa (dal 1611), della quale promosse ingenti restauri tra il 1626 e il 1632 e dove fu sepolto alla sua morte, nel 1657. Va notato a questo proposito che proprio a partire dal 1881, epoca alla quale lo stemma giunse in Museo, l'architetto Mella risistemò gli altari seicenteschi delle absidi laterali e l'altare maggiore della chiesa di San Michele.
Mallé L., 1965, pp. 256 - 257,
Manno A., Origine e variazioni dello stemma di Savoia, 1884,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, pp. 54-56