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XVII secolo prima metà
marmo rosato
0443/PM
Altezza: 64 cm, Larghezza: 38 cm, Profondità: 15 cm
Stemma della famiglia Falcombello di Savigliano
Stemma della famiglia Falcombello di Savigliano. Presenta un gancio in ferro e due fori sul retro, che indicano l'originario fissaggio a parete
Si ignorano le modalità di ingresso al Museo dello stemma, riferito da sempre alla famiglia Falcombelli di Savigliano (sic) e datato al XVII secolo (Inv. Generale n. 625, con riferimento a tre numeri di inventario particolare, 301, 302, 303), malgrado l'Inventario Particolare (n. 301) proponga un arco cronologico di acquisizione tra la fine dell'800 e l'inizio del '900. Un sicuro termine ante quem è dato però dalla menzione di tale oggetto nel manoscritto del Claretta sugli stemmi del Museo Civico del 1896; il medesimo stemma ricorre nella lapide tombale di Bartolomeo Falcombello, oratore e generale degli Agostiniani, morto ottuagenario a Savigliano nel 1634, al di sotto della quale sta una pietra tombale già nella chiesa degli Agostiniani di Avigliana, datata 1647, fatta apporre presso il tumulo di Bartolomeo dal nipote Giovanni Domenico (responsabile del consegnamento dello stemma ampliato nel 1687), consigliere del re di Francia e prefetto generale dell'annona francese in Pinerolo, assegnando un lascito di messe in perpetuo (Ibidem, p. 14). Tale lapide fu venduta al museo nel 1884 dall'aviglianese Valentino Chiesa (Inv. Generale n. 2569): sarebbe verosimile ipotizzare per il nostro stemma se non un ingresso in Museo coevo alla pietra sepolcrale, perlomeno una provenienza aviglianese. Il Mallé (1965), che riferisce l'arme al '600, ne dà una descrizione per nulla corrispondente (malgrado riporti lo stesso numero di inventario e le medesime misure del nostro stemma): "scudo a due stelle disposte in banda reca in campo un falcone", dal momento che compare in campo una sola stella.

La famiglia Falcombello di Avigliana, residente a Pinerolo, si estinse il 2 aprile 1757, quando morì Giandomenico (sepolto a Torino nella chiesa del Carmine), cugino del Gian Domenico Niccolò che aveva consegnato l'arme nel 1687. Giandomenico, consigliere referendario nel referendario nel consiglio dei memoriali nel 1737 e senatore nel 1746, consegnò i feudi nel 1734, ma dovette reinfeudarsi Melle e Frassino nel 1738 con investitura comitale l'8 marzo (A. Manno, vol. X, p. 25).

Lo stemma del Museo raffigura l'arme antica dei Falcombelli, anteriore all'acquisizione dei comitati di Melle e Frassino e all'ampliamento del blasone avvenuta nel 1656; la datazione dell'opera, che va anticipata alla prima metà del XVII secolo, contribuirebbe a riferire l'arma gentilizia a Niccolò Giambattista oppure al fratello Gian Domenico Niccolò, figli di Giuseppe, prima però dell'infeudazione di Melle e Frassino (a loro devoluti in seguito alla morte del conte Filippo Emanuele Fanti il 21 gennaio 1655; Patenti del 9 settembre 1659, 70, 54).

Niccolò Giambattista, da Avigliana, fu dottore in legge, consigliere del re di Francia, consigliere senatore, avvocato dei poveri di Piemonte (13 gennaio 1641, Patenti, 56, 79 v); fu inoltre avvocato fiscale generale di Piemonte, con Patenti del 7 gennaio 1646, 61, 124 v. (A. Manno, vol. X, p. 25). Suo fratello Gian Domenico Nicolò testò il 12 ottobre 1672 fondando una primogenitura (28 maggio 1667), della quale fu erede il cugino Gian Domenico (con il quale si estinse la casata). Gian Domenico Nicolò fu consigliere generale dei viveri in Italia per il re di Francia, ricevitore delle Finanze e benefattore dei Gesuiti di Pinerolo. Ricevette la conferma dell'arme anche per i fratelli (3 marzo 1656) e consegnò l'ampliamento dello stemma, come già ricordato, nel 1687 (Ibidem).
Mallé L., 1965, p. 260,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, pp. 57-58