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Stemma di monsignor Andrea Provana di Leinì

    Stemma di monsignor Andrea Provana di Leinì
    1483 - 1500
    marmo di Foresto
    0298/PM
    Altezza: 75,5 cm, Larghezza: 58 cm, Profondità: 9,8 cm
    lapide
    lapide rettangolare con lo stemma di Monsignor Andrea Provana di Leinì
    Già nel cortile della casa di via Porta Palatina detta del Vescovo (cfr. scheda 0479/PM).

    L'opera venne erroneamente identificata nell'Inventario Generale come appartenente ad "Andrea Provana, conte di Leinì (sic), arcivescovo di Torino dal 1632 al 1640" (Inv. Generale n. 3449) e dello stesso avviso è l'Inventario Pietre-marmi, che tuttavia corregge l'identificazione del personaggio in Antonio Provana, conte di Collegno. L'equivoco va fatto risalire con molta probabilità a Gaudenzio Claretta, che nel suo manoscritto del 1896, parlando dell'oggetto in questione, lo ascrive all'arcivescovo di Torino Antonio Provana, figlio di Gianfrancesco, conte di Collegno, dando la descrizione del blasone, che è "inquartato al primo e quarto alla colonna toscana d'argento con base e capitello d'oro, al secondo e terzo d'argento a due viti di verde fruttate di porpora, sradicate, decussate e ridecussate" (AMCAAT, ms. G. Claretta, 1896, p. 40), che non corrisponde ovviamente a quello dei Provana di Leinì. Tuttavia l'autore riferisce la provenienza dello stemma dalla casa di via Porta Palatina, dove a detta del Rondolino, sulla porta grande e in fondo al balcone si trovava uno stemma di Andrea Provana di Leinì identico a quello (da confrontare con il 479/PM) murato nella lesena sinistra del duomo di Torino nel 1513. La casa di Andrea Provana, il cui atterramento iniziò nel febbraio 1898, sorgeva nel quartiere di Porta Doranea; dopo averla ampliata e rifabbricata, egli nell'agosto del 1517 la donò ai fratelli Giannello e Francesco. Da Giannello passò ai suoi discendenti, finché Carlo Francesco, il 2 maggio 1618, la vendette al duca Carlo Emanuele I, che la destinò ad abitazione degli arcivescovi; divenuta proprietà del demanio, servì di caserma alla guardia svizzera (F. Rondolino, 1898, p. 134 nota 73).

    Curiosamente il Mallé non riporta la lapide 298/PM nel catalogo del Museo Civico, ma cita il quasi analogo oggetto 479/PM, ascrivendolo all'arcivescovo di Torino monsignor "A. Provana ... conte di Leinì (sic)" (L. Mallé, 1965, p. 257), dimostrando di non volersi sbilanciare riguardo allo scioglimento del nome, sulla cui esatta interpretazione non sempre gli inventari concordano; inutile dire che tale confusione si è ripercossa sulla scheda inventariale che attribuisce dubbiosamente lo stemma a "monsignor Andrea Provana di Leinì, signore di Druento, Arcivescovo di Torino dal 1632 al 1640".

    Non solo lo stemma 298/PM appartiene a un ramo dei Provana diverso da quello dell'arcivescovo di Torino Antonio, ma per tipologia stilistica sarebbe da datare almeno entro la prima metà del XVI secolo; diversi furono in questo periodo i Provana di Leinì che rivestirono la carica di canonici del duomo di S. Giovanni di Torino, a partire da Andrea, poi i nipoti Gaspare e Carlo, il nipote di quest'ultimo, Gaspare e ancora Giovanni Battista, cugino di Carlo e Gaspare, e Giacomo, tutti arcidiaconi della chiesa (P. Litta, 2° serie, vol. XIII, 1902, pp. 156-157). Le sei nappe per lato dello stemma, se fossero nere sarebbero comuni a qualsiasi prelato d'onore, ma se fossero rosse indicherebbero la carica di protonotario apostolico, rivestita solo da alcuni dei canonici Provana di Leinì: Andrea, Giovanni Battista e Giacomo, arciprete dal 1518 al 1541 (P. Litta, 2° serie, vol. XIII, 1902, p. 157).

    Si propone qui un'attribuzione dello stemma al primo illustre proprietario della casa di via Porta Palatina, ovvero Andrea (cugino dell'ammiraglio omonimo), nato da Giacomo consignore di Leinì e Viù, consigliere ducale, governatore di Nizza e balivo d'Aosta, e da Maria dei signori di Favria. Dottore in entrambe le leggi, fu eletto canonico e tesoriere del capitolo torinese il 25 ottobre 1483; il 25 febbraio 1485 firmò in quanto protonotario apostolico la donazione del reame di Cipro fatta da Carlotta di Lusignano al duca Carlo di Savoia, il 27 febbraio 1489 ebbe il priorato parrocchiale di San Marcellino di Bibiana e poi quallo di S. Pietro di Leinì. Nel 1491 rinunciò alla dignità di tesoriere per recarsi a Roma dove fu auditore e famigliare del cardinale Girolamo: là ottenne l'arcidiaconato di Torino, ma dovette contenderlo con Orsino di Romagnano, cosicché il 12 febbraio 1498 vi rinunciò riservandosi di riprenderlo alla morte del Romagnano, e infatti lo riebbe nel 1513, dopo il 17 febbraio, rinunciando alla dignità di tesoriere che aveva riassunta nel 1500 (G. Gentile, 1990, p. 112 nota 21). Il cardinale Domenico lo nominò vicario generale, ricevette il priorato di Losanna il 7 novembre 1500 e poco dopo, avuta in commenda l'abbazia di Novalesa, ne fece compilare l'inventario dei documenti nel 1502. Il duca di Savoia lo mandò ambasciatore a Giulio II nel 1506 e nel 1510 fu fatto preposto di Vigone, mansione che conservò fino alla morte ottenendone il patronato per la propria stirpe; dopo essersi preparata la tomba in duomo fin dal 1513, murata nella lesena dalla parte dell'evangelio con uno stemma abraso dai rivoluzionari (S. Solero, 1956, p. 89; G. Romano (a cura di),1990, tav. 78), sopravvisse oltre il 25 di agosto del 1520, data in cui fondò il beneficio dell'Immacolata, dopo che il 3 maggio 1519 Leone X gli aveva concesso di disporre degli averi provenienti dai benefici della famiglia (F. Rondolino, 1898, pp. 127-128; P. Litta, 2° serie, vol. XIII, 1902, p. 156).

    Lo stemma in questione, giunto in museo prima che abbattessero la casa "del Vescovo", non è analogo a quello posto in S. Giovanni, in quanto diverso è il numero di nappe per parte: qui ve ne sono sei, mentre là, e nel 479/PM, ne compaiono dieci, distribuite in quattro ranghi, corrispondenti alla dignità cardinalizia (Du Roure de Paulin, 1910, p. 19) o comunque ad un grado superiore a quello di protonotario (quale risulta nel 298/PM), visto che la quantità di fiocchi era allora piuttosto arbitraria e che un numero preciso di nappe in rapporto al grado ecclesiatico fu codificato solo alla fine del '700 da Pio VI; in realtà Andrea Provana non fu mai cardinale, ma solo vicario cardinalizio.

    La tabella è piuttosto curiosa in quanto compaiono all'estremità superiore due coppie di lacci che la legano allo scudo, come se l'iscrizione pendesse da questo; inoltre il motto dei Provana è completato dall'autore dell'iscrizione, Seneca, una precisazione sicuramente non casuale, ma il cui significato per il momento resta oscuro.
    Della Chiesa F. A., Fiori di Blasoneria per ornar la Corona di Savoia con i freggi della Nobiltà, 1655, p. 77,
    Gentile G., Domenico della Rovere e il Duomo nuovo di Torino. Io maestro Meo di Francescho fiorentino..., 1990, p. 112, nota 21,
    Rondolino F., Il Duomo di Torino illustrato, 1898, pp. 127-128, 134 nota 73,
    Litta P., Famiglie celebri italiane, 1902, pp. 154-157,
    Donato G., Torino fra Medioevo e Rinascimento. Dai catasti al paesaggio urbano e rurale. Immagini del medioevo Torinese fra memoria e conservazione, 1993, pp. 320-328, in part. pp.326-327,
    Romano G., La Sacra di San Michele. Storia Arte Restauri, 1990,
    Du Roure de Paulin, L'Héraldique ecclésiastique, 1910, p. 19,
    Solero S., Il Duomo di Torino e la R. Cappella della Sindone, 1956, p. 89,
    Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, pp. 35-36