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marmo orientale
0490/PM
Altezza: 65 cm, Larghezza: 42,2 cm, Profondità: 8 cm
Stemma di Rolando Ferrari
lapide tombale con iscrizione e stemma torneario di Rolando Ferrari (E. Romanello 2000): Stemma da torneo di Rolando Ferrari: di una fascia carica di due ferri di cavallo allineati accompagnata in capo dall'Impero ed in punta da un ferro di cavallo (il blasone in esame non è stato riscontrato in nessun repertorio araldico). L'arma è sostenuta da una palmetta dal cui gambo partono due volute terminanti a ricciolo sulla tabella (L. Mallé, 1965, p. 252).
La lapide, donata al museo dal barone Claretta, è come lui stesso ammette, di provenienza incerta (AMCAAT, ms. G. Claretta, 1896, p. 22; Inv. Generale n. 2545, Inv. Particolare n. 160).

L'arma scolpita è lo stemma torneario di tale Rolando Ferrari, non altrimenti documentato. Nei consueti repertori editi (Della Chiesa, Franchi Verney, Spreti, Crollalanza, Litta, Zucchi), infatti, a nessuna delle famiglie Ferrari citate corrisponde uno stemma simile a quello del Museo e in particolare nel Manno tale blasone non sembra appartenere a nessuna famiglia Ferrari, Ferraris o Ferrero (né, in queste, compare un Rolando). Una traccia in più è fornita dal Codice Archinto, conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, dove è menzionata una famiglia "De Ferrariis di Anono" (BRT, Archintus, ms. St. Patria 138, vol. I, fol. 93) che blasona in modo abbastanza simile al nostro stemma, ovvero di nero a due bande d'oro, la prima caricata di due ferri di cavallo neri in fascia, con il capo dell'Impero (d'oro all'aquila nera coronata del medesimo), dove il ferro di cavallo è un chiaro riferimento al mestiere di "ferrario" di uno degli antenati, poi omesso nel tempo. L'arma corrisponderebbe a grandi linee ai Ferraris di Biella, due fasce d'oro in campo nero, col capo dell'Impero (A. F. Della Chiesa, 1655, p. 48; A. Manno, vol. X, p. 242), mentre il Crollalanza ed il Franchi Verney la attribuirebbero ai Ferraris del Piemonte, marchesi di Ceva, consignori di Belvedere. La provenienza di tale famiglia resta quindi incerta, e così quella della lapide: seguendo la traccia fornita infatti dal manoscritto Archinto riguardo alla località "Anono" (presumibilmente Castello di Annone nell'Alessandrino), non si è riusciti a risalire ad anni anteriori al 29 gennaio 1633, quando Claudio di Bonifacio Dal Pozzo acquista tale luogo dal magistrato straordinario di Milano.

La lapide si richiama a modelli classici ma con esiti molto stereotipati e persino con qualche incertezza grammaticale (si veda l'uso del nominativo "mors" in luogo dell'accusativo "mortem").
Della Chiesa F. A., Fiori di Blasoneria per ornar la Corona di Savoia con i freggi della Nobiltà, 1655, p. 48,
Franchi Verney A., Armerista delle famiglie nobili e titolate della monarchia di Savoia, 1873, p. 74,
Manno A., Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, araldiche e feudali desunte da documenti, 1895-1906, vol. I, p. 125,
Mallé L., 1965, p. 252,
Dizionario Biografico degli Italiani, 1962, vol. I, pp. 400-401,
Romanello E., Emblemi di pietra. Araldica e iscrizioni piemontesi, 2008, p. 51