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Museo e teatro: prove di dialogo

È scaduto da pochi giorni il termine per l'iscrizione al laboratorio di ricerca "Poter dire di aver vissuto". L'accoglienza del pubblico verso una proposta nuova, inconsueta, difficile da comunicare e impegnativa in termini economici e di tempo è stata davvero entusiasmante e - lo confesso - inaspettata. Siamo infatti già oltre il limite di 20 persone che avevamo fissato e che ci sembrava potesse essere il numero ideale per portare a termine il tipo di impresa che progettavamo. Saremo costretti dunque a compiere una selezione: il momento del colloquio individuale sarà però un'occasione importante per conoscere le persone e per verificare e confrontare con loro aspettative e motivazioni.

Attualmente ci troviamo dunque in un momento intermedio, un interludio tra la conclusione di un processo di ideazione (che è stato frutto di diversi incontri e numerosi e-mail tra lo staff del museo e l'attore e regista Claudio Montagna di CAST), la sua comunicazione all'esterno e l'avvio di una nuova avventura. Come quando si decide di partire: dopo mille indecisioni e ripensamenti sulla meta del viaggio, si fa la valigia, ormai è deciso, il biglietto è in tasca, non si può più tornare indietro. E sorgono una serie di interrogativi. Ma perché il Museo si imbarca in questo nuovo progetto? È la terza volta che Palazzo Madama si confronta con le forme del teatro: le prime due esperienze sono state essenzialmente piccoli interventi teatrali che volevano raccontare in modo più immediato eventi puntuali: nel 2003 lo scalone progettato da Filippo Juvarra, appena restaurato; nel 2009 le conseguenze pubbliche della donazione della collezione di Leone Fontana, avvenuta cent'anni or sono.

Esempi analoghi di questo tipo di esperienze divulgative si ritrovano in diversi musei anglosassoni e oggi fanno capolino, in modo più o meno consapevole, anche in Italia. Le differenze con l'esperienza che ci accingiamo a fare oggi però sono plurime: innanzitutto, lasciati i panni di semplici spettatori, saranno i partecipanti stessi al laboratorio che creeranno i percorsi di lettura e di interpretazione delle opere del museo (i partecipanti hanno dunque una grande responsabilità!); è un laboratorio di ricerca di cui non possiamo ancora prevedere i risultati né le forme che assumerà; nel corso degli incontri comproveremo se il teatro possa essere un utile strumento di mediazione, capace di aiutare a sciogliere, a rendere più comprensibile il linguaggio dell'arte figurativa.Il laboratorio ha infine un obiettivo grande e ardito: verificare che l'arte, oltre ad essere il riflesso dei valori di una società, può essere uno strumento di felicità per le persone.
Noi siamo convinti di sì. Vi manterremo aggiornati su come procede la
ricerca. 

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