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"Why are the streets and squares emptying so rapidly,everyone going home lost in thought?
Because night has fallen and the barbarians haven't come.And some of our men who have just returned from the border saythere are no barbarians any longer.
Now what's going to happen to us without barbarians?"
Constantine Cavafy, Waiting for the Barbarians, 1904
Il timore per la fine della storia, per lo svuotarsi del futuro attraversa questi versi di Kavafis, spogli e tesi come ce li ha consegnati la traduzione di Eugenio Montale. Ma come sappiamo i Barbari sono infine arrivati, la storia non si è fermata, e l'anello nuziale del V secolo che reca incisi i nomi di uno Stefanus e di una Valatrud è lì a ricordarcelo, tra monili e oggetti d'uso quotidiano esposti nella sezione di oreficeria tardoantica di Palazzo Madama. Gli artisti invitati a realizzare i loro interventi negli spazi di questo museo hanno interagito con una straordinaria molteplicità di stratificazioni - di cicli costruttivi, di destinazioni d'uso, di vocazioni collezionistiche - ma anche con una struttura aperta, che costruisce i suoi percorsi interrogando e valorizzando la varietà delle forme architettoniche e la specificità di ogni tipologia di opere e manufatti. Alessandro Gioiello si è rivolto al "Ritratto d'uomo" di Antonello da Messina, nella Torre dei Tesori. Dopo aver tradotto quadri di Oudry, Fragonard, Constable in arazzi di velcro dipinto, ha esteso l'intervento di citazione dall'icona pittorica al contesto espositivo, scegliendo di duplicare una delle fotografie che documentano la collocazione a parete del capolavoro rinascimentale in vista della riapertura del museo. Le tracce cromatiche a bassa definizione, destinate a svanire col tempo, che caratterizzano i suoi arazzi si mescolano a polvere e lanugine prelevate dagli aspirapolvere professionali utilizzati nelle sale del museo.
Fausto Sanmartino ha scelto la veranda sud del corpo juvarriano del palazzo. Le sue installazioni sono letture di spazi dati, tese a rendere visibili corrispondenze nascoste o proiezioni prospettiche. Qui il lavoro di tracciatura si è misurato con la decorazione della volta, raddoppiandone la sagoma sulle tarsie del pavimento. I profili mistilinei che in alto delimitano le campiture luminose dell'affresco settecentesco, a terra racchiudono, come in uno specchio nero, un tappeto di oggetti di recupero, materializzando il riaffiorare dal passato di tracce e residui non classificabili della vita materiale.
Silvia Ruata si è fermata nel Lapidario Medievale, proseguendo una sua indagine sulle qualità sonore delle pietre e dei marmi, e sulle possibili estensioni della scultura . Ha collocato tra colonne e capitelli una struttura che, attivata dal pubblico, innesca la vibrazione di una serie di elementi in quarzite, stimolati a emettere suoni a bassissima frequenza, dalle risonanze prolungate e profonde: "pietre che cantano", come recita il titolo del saggio di Marius Schneider dedicato ai chiostri romanici dei Pirenei catalani.
Maria Teresa Roberto