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LA STAMPERIA DELL’EBANISTA.Storia di un mobile inedito di Pietro Piffetti – presentazione volume

  • Attività
  • 1 Febbraio 2018
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Palazzo Madama ospita giovedì 1 febbraio alle 17.30 la presentazione del volume La stamperia dell’ebanista. Storie di un mobile inedito di Pietro Piffetti (Casa editrice Umberto Allemandi & C., Torino 2017), a cura di Arabella Cifani e Franco Monetti, con la collaborazione di Paola Bianchi, Andrea Merlotti, Vittorio Natale, Thierry Radelet, Lorenza Santa e Carlotta Venegoni.
L’incontro con i due autori, introdotto dal Direttore di Palazzo Madama Guido Curto, vede anche la partecipazione di S.E. Mons. Edoardo Cerrato, vescovo di Ivrea e di Roberto Antonetto, studioso delle arti decorative e in particolare del mobile piemontese dal Seicento all’Ottocento nonché autore di diversi libri sull’argomento, tra cui Minusieri e ebanisti piemontesi (1985), Gabriele Capello detto “Il Moncalvo” (2004) e Il mobile piemontese nel Settecento (2010).
Il libro aggiunge un tassello importante alla conoscenza dell’ebanista Pietro Piffetti (Torino 1701–1777), figura cardine nella storia del mobile e dell’ornato in Italia, i cui intarsi in avorio, tartaruga, metalli e legni pregiati hanno portato la produzione dell’ebanisteria piemontese ai vertici dell’arte europea del Settecento.
Il volume si concentra in particolare su un raffinato cassettone di collezione privata e sulle personalità che presiedettero alla sua realizzazione. Dalla storia riemergono con forza l’aristocratico che lo commissionò, il marchese Giuseppe Francesco Ludovico Morozzo della Rocca (1704–1767) e i suoi rapporti con la corte torinese; il padre oratoriano Giovanni Battista Trona (1682–1750), consigliere spirituale di Carlo Emanuele III, che ispirò il soggetto degli ornati del mobile; e l’artista che lo costruì nel 1751 simulando con intarsi in avorio e tartaruga un trompe l’oeil di oggetti disposti a caso – una penna e il coltellino per appuntirla, un libro aperto, un rosario, un paio di occhiali e un mazzo di carte – come se fossero abbandonati sulla superficie. Oggetti che insieme assumono un significato allegorico preciso e alludono al perenne conflitto tra eternità e contingenza, tra sostanza e apparenza.

 

 

 

Ingresso libero all’incontro fino a esaurimento posti disponibili