Le spoglie dei membri del club calcistico, vittime dell'incidente aereo di Superga, riposano nella camera ardente allestita nel più sontuoso salone del Palazzo, dove si sono svolte le cerimonie più solenni del primo regno. Il 6 maggio una folla addolorata viene a rendere omaggio ai giovani.
Arriva in Museo grazie alla liberalità dell'antiquario Pietro Accorsi, che l'aveva acquistato dal principe Trivulzio, al Museo Civico, ne costituisce - come scrisse Vittorio Viale, pubblicandolo nel Bollettino della Società piemontese d'Archeologia e Belle Arti (Torino, 1948) - uno dei più cospicui ed ammirati ornamenti che completa la raccolta di vetri ad oro graffiti e dipinti, lasciata la Museo dal marchese Emanuele d'Azeglio, la più vasta e ricca che esista al mondo.
Il Capo dello Stato, accompagnato dal direttore Vittorio Viale, apprezza i pezzi di maggior pregio che costituiscono il patrimonio artistico dell'esposizione e mostra di essere un profondo conoscitore in materia. Nell'occasione incontra, ai piedi dello scalone juvarriano, i componenti della "Famija turineisa", che gli tributano una calorosa manifestazione.
Messe in salvo dai bombardamenti aerei, le opere vengono risistemate. Il direttore Vittorio Viale dà il via al restauro dei danni subiti da Palazzo Madama e in particolare al ripristino degli stucchi dello scalone juvarriano.
Tra luglio e agosto, l'edificio rischia di andare in pezzi per effetto dei bombardamenti che piovono su piazza Castello, distruggendo l'angolo di via Pietro Micca. Una bomba cade sullo scalone incendiando e distruggendo parte del soffitto. I pompieri salgono sul tetto e sistemano tra le statue le pompe per domare gli incendi. La fotografia numero 3906 dell'album numero 10 dei Vigili del Fuoco documenta quelle ore incandescenti.
Si tratta di un'opera toscana acquistata dal Museo Civico e così descritta dal direttore Viale nel Bollettino della Società Piemontese d'Archeologia e Belle Arti: "Per quanto le molte mutilazioni le abbiano tolto alcuni dei suoi più distintivi caratteri formali, se ne recepisce la bellezza ed il pregio dalla severa e nobile grandiosità dell'impianto, dal serrato ritmo architettonico, dall'accurata modellazione".
Legato della marchesa Olimpia Natta, vedova Gianazzo di Pamparato. Le figure che ornano la fibbia permettono confronti con la miniatura lombarda della fine del secolo, mentre il punzone con l'insegna dell'orafo Giovanni Antonio di Vimercate permette di assegnare la cintura alla bottega di questo artista, attiva al servizio della corte milanese degli Sforza alla fine del Quattrocento.
Si tiene a Palazzo Carignano, dove vengono esposte opere conservate a Palazzo Madama e scelte dal direttore Viale in rappresentanza dell'arte locale piemontese ed aostana: per esempio, il paliotto d'altare proveniente dalla chiesa parrocchiale di Courtmayeur, Madonna col Bambino di Barnaba da Modena, la Trinità del Maestro della Trinità di Torino (come fu battezzato l'autore da Lionello Venturi) e in seguito attribuito ad Antoine de Lonhy, la Crocifissione del Marmitta. La mostra fu una pietra miliare nella scoperta dell'arte antica piemontese.
Gioielli, fibbie e un prezioso servizio da tavola di diciotto cucchiai in argento ritrovati nei pressi di Vercelli pervengono al museo tramite l'antiquario Pietro Accorsi. I pezzi mostrano elementi distintivi dell'oreficeria ostrogota uniti a motivi di origine classica, segno della progressiva fusione culturale e artistica dopo l'insediamento dei Goti in Italia.
In cinquantasei sale di Palazzo Carignano, la Città di Torino allestisce una grande Mostra del Barocco Piemontese, ideata ed preparata da Vittorio Viale, nella quale sono seguite tutte le arti in Piemonte, dall'aprirsi del Seicento al concludersi del Settecento.
Frammento noto come Heures de Turin-Milan, proviene dalla collezione Trivulzio. Il manoscritto, unico codice al mondo miniato dal fiammingo Jan van Eyck, fu commissionato verso il 1380 dal duca Jean de Berry, grande collezionista di libri miniati e oggetti preziosi Diviso in due parti, la metà confluita nella Biblioteca Nazionale di Torino è andata distrutta in un incendio nel 1904.
Il Museo lo acquisisce a titolo di indennizzo per la rinuncia imposta a Torino delle raccolte d'arte trivulziane. L'opera, firmata e datata 1476, costituisce uno dei risultati più alti della carriera del pittore.
Con la collaborazione di Pietro Accorsi, il direttore Vittorio Viale acquista l'intera collezione, ma l'intervento delle autorità milanesi e di Mussolini ne impediscono il trasferimento a Torino. Il risarcimento ottenuto, tra cui il Ritratto d'uomo di Antonello da Messina e le Très riches heures du duc de Berry di Jan e Hubert van Eyck, va a costituire una delle più preziose acquisizioni del Museo. Oltre a fungere da intermediario nelle trattative, l'antiquario torinese vende e dona al Museo molte importanti opere, tra cui disegni, dipinti, mobili e oggetti in ceramica.
Il grande e articolato polittico, scandito da una ricca decorazione in oro, è un dono di Giuseppe Besozzi. La provenienza dell'opera va ricondotta con buona probabilità, sulla scorta di alcuni documenti relativi alla visita pastorale del 1638, alla cattedrale di Asti.
Dalla sua fondazione, nella seconda metà dell'Ottocento, il Museo Civico vede un rapido incremento delle sue raccolte, per doni da parte della famiglia reale e di privati cittadini, tanto che la prima sede, stabilita in un edificio municipale di via Gaudenzio Ferrari, si rivela insufficiente. Si decide di spostare le collezioni d'arte antica. I lavori di sistemazioe si svolgono sotto la guida di Vittorio Viale, direttore dal 1930 (e fino al 1965), con il concorso dell'ingegner Gianni Ricci. L'allestimento ricrea ambienti dal Quattro al Settecento, in accordo con il carattere eterogeneo degli oggetti esposti e rispettando la successione cronologica. Tra i modelli europei, il Victoria and Albert Museum di Londra e il Musée National du Moyen Age di Parigi.
Acquistato con il concorso economico di I. Levi, G. B. De Valle e S. Simenon. In base al giovane santo guerriero che appare sulla destra, forse San Secondo, si potrebbe sospettare una provenienza dalla città di Asti. Il monocromo oro su nero della predella collega l’esperienza pittorica di Defendente alla raffinata tecnica dei vetri dorati e dipinti e alla diffusione europea delle incisioni dedicate alla Passione.
Il fondatore della Ditta Penne Aurora, prima industria italiana a produrre penne stilografiche, e presidente della Società Editrice Zanichelli, partecipa finanziariamente ai restauri di Palazzo Madama e dona al Museo Civico diverse tappezzerie in cuoio di epoca barocca e 41 statuine cinesi in quarzo e agata.
I torinesi affollano piazza Castello prima della partenza per la città che Vittorio Emanuele ha scelto come nuova residenza per il figlio Umberto II di Savoia, lì promosso generale di brigata, accompagnato dalla moglie Maria José del Belgio. A Palazzo Madama ha luogo un solenne ricevimento offerto dal Podestà.
Dalla Valle d’Aosta. La crocifissione faceva forse parte, originariamente, di un polittico marmoreo a più scomparti centrato sul tema della Passione di Cristo. L’opera, attribuita alla produzione giovanile dello scultore Stefano Mossettaz, va messa in rapporto con un importante gruppo di sculture e oreficerie prodotte ad Aosta fra Tre e Quattrocento e tutte variamente influenzate dal linguaggio jaqueriano e dalla tradizione franco-fiamminga e borgognona.
Su suggerimento di Lorenzo Rovere, direttore dimissionario, e con il favore del podestà Paolo Thaon di Revel, Vittorio Viale assume la direzione dei Musei Civici, carica che manterrà fino al 1965, all'età di 74 anni. La sua direzione coincide con una grande stagione: ottantaquattro mostre, diverse centinaia di opere acquisite, l'istituzione di due nuovi sedi espositive, oltre 50 pubblicazioni e nuovi servizi di studio e di ricerca.
Un lungo corteo percorre le vie del centro, dalla Cittadella a piazza Castello. Nella grande aula del Senato Subalpino affluiscono per la cerimonia ufficiale le rappresentanze di tutte le Associazioni combattentistiche e patriottiche della Penisola, con gagliardetti e bandiere, e un gran numero di alti ufficiali e di personalità civili.
Lo storico dedica il volume alla storia dell'edificio attorno al quale la vicenda sabauda e piemontese ha continuato a pulsare per secoli.
Il Rotary Club di Torino assume l'iniziativa del restauro artistico delle tre fronti medievali, eliminando quello che, per manomissioni e adattamenti successivi, era divenuto un ultimo piano del palazzo a livello dei merli e al di sopra di essi. La merlatura viene recuperata, pur rimanendo sminuita nel suo effetto dalla copertura d'un ampio tetto centrale. E' Cesare Bertea a dirigere gli ultimi lavori di liberazione agli esterni da loggette, balconi, abbaini, comignoli, che conferiscono al Palazzo un aspetto curioso nei dipinti e nelle incisioni realizzate nel corso dell'Ottocento.
Originariamente nell'archivio dei disegni di Carlo Emanuele III. In data imprecisata divengono proprietà del Conte Seyssel d'Aix; successivamente i volumi II e IV passano in eredità alla Pia Casa del Cottolengo che li vende al Museo, e i volumi I e III, pervenuti ad altri eredi, vengono acquistati da Angelo Reycend e Giovanni Chevalley, i quali generosamente li donano al Museo.
Al Museo di Antichità di Torino confluiscono diversi oggetti donati dal costruttore di ferrovie: legature, francobolli ed anche manufatti provenienti dall'Africa, dove Pietro Antonio Gariazzo aveva lavorato. Dal 1930 al 1943 è direttore onorario del gabinetto numismatico del Museo Civico, per il quale si impegna nella catalogazione del Medagliere, che si arricchisce anche grazie alle sue donazioni.
Discendente da una famiglia di librai e mercanti d'arte, Giovanni Angelo Reycend progetta palazzi e villini nella zona della Crocetta e del centro e si dedica con alla vita politica della città. Nel 1921 con Chevalley acquista e dona al Museo due volumi di disegni di Filippo Juvarra che, con i volumi comprati successivamente dal Museo, ricompongono l’insieme un tempo appartenuto alle collezioni di Carlo Emanuele III di Savoia.
Giunta in Museo con la collezione Fontana, la piccola e preziosa tavola costituisce con la sua data certa un tassello utile a chiarire la cronologia delle prime tappe della carriera di Defendente, in un momento ancora molto vicino al discepolato presso Martino Spanzotti.
L'opera proviene dall'importante collezione privata di Leona Fontana, donata al Museo all'inizio del Novecento. Dalla sua apparizione nel 1909 il dipinto è stato oggetto di appassionanti studi critici, data la suprema qualità e gli sfuggenti caratteri stilistici, tra Italia, Borgogna e Provenza. L'anonimo maestro ha acquisito un nome e un profilo biografico, identificandosi con il pittore e miniatore tolosano Antoine de Lonhy, vissuto ad Avigliana dal 1462.
Vincenzo e Maria, figli del senatore Leone Fontana, donano la raccolta paterna di dipinti di pittori piemontesi del Quattro e del Cinquecento. Il legato lascia un segno profondo nella fisionomia del Museo, indirizzandone l'attenzione, fino allora concentrata sulle arti decorative, verso le testimonianze pittoriche del Piemonte.
Erede di una importante famiglia piemontese, Flaminia Ricardi di Netro dona al Museo una collezione di 234 gemme, tra cui molte di epoca romana e rinascimentale. La raccolta era stata costituita dal nonno materno, Giuseppe Antonio Gatino, avvocato e senatore del Regno sabaudo dal 1848, e forse già iniziata dal padre Nicolao, vissuto in periodo napoleonico.